La dama russa, in uso nell’Est Europa, presenta notevoli differenze rispetto a quella italiana: le pedine possono catturare all’indietro e far preda persino delle dame. È quello che è successo in Ucraina durante le ultime quattro settimane di guerra, con i russi presi in contropiede dalla precisione e potenza dell’artiglieria di Volodymyr Zelensky, ma soprattutto da una velocità di manovra sul campo che le truppe di Putin non sono in grado al momento di eguagliare. Fra le “dame” di questa partita, ora, ad essere minacciato appare perfino Putin stesso.

La prima settimana di settembre fonti russe confermavano che l’esercito di Mosca aveva spostato decine di battaglioni, per un totale di circa 50mila uomini, nel sud-ovest dell’Ucraina, precisamente nell’oblast di Kherson, per neutralizzare la controffensiva appena annunciata dal governo di Kiev da quelle parti. In quei giorni iniziavano a circolare le immagini di treni intenti a trasportare dal fronte orientale obici, mezzi blindati e molti tank, soprattutto T-62, carri usciti di produzione nel 1975 e di cui Mosca ha inviato circa 600 mezzi “ristrutturati” in Ucraina.

Non si è trattato però di uno scacco al re da parte di Putin: fulminei come gli attacchi delle pedine nella dama russa, ma soprattutto imprevisti da molti esperti, un gran numero di battaglioni ucraini sono sembrati spuntare dal nulla nell’oblast di Kharkiv, dall’altra parte del Paese, finendo per gettare nel panico le scarse truppe russe rimaste ma soprattutto rivelando finalmente che, come annunciato da esperti del calibro dei generali americani Hodges e Breedlove, Putin in sei mesi ha distrutto il suo esercito. I recenti attacchi missilistici rendono l’immagine di una apparente foglia di fico per nascondere la situazione all’opinione pubblica russa, delusa da settimane di brutte notizie (con annesse polemiche e critiche interne).

Quante sono le truppe ucraine? Difficile dirlo. Ciò che appare evidente è che all’improvviso gli uomini di Kiev, fino all’inizio di luglio in inferiorità di mezzi e di uomini, sono diventati una forza schiacciante, a est come in molte parti del fronte meridionale. Insomma, per mesi hanno messo in sicurezza le truppe migliori in attesa di avere armi a sufficienza. Così, le dame mosse dal Cremlino per bloccare quelle ucraine a Kherson sono finite in una trappola: se ora accorressero in difesa delle scarse forze rimaste a Est, fra Luhansk e Mariupol, lascerebbero Kherson sguarnita. Così, Putin stesso ha imposto loro, come già Hitler con Paulus a Stalingrado, di non abbandonare la posizione, anche se i sistemi d’arma occidentali in mano agli ucraini picchiano durissimo e la calata delle truppe di Kiev dal nord minaccia di stringere Kherson (e i russi al suo interno) in una tenaglia come già è successo a Lyman.

Non sono state, quindi, solo le truppe ucraine a cambiare la narrazione della guerra: sono stati anche l’obice semovente francese CAESAR, il suo collega Made in Slovakia ShKh Zuzana 2, il polacco AHS Krab (un altro obice semovente montato su telaio di K9 coreano), il veicolo da trasporto truppe corazzato australiano Thales Bushmaster, il sistema lanciarazzi multiplo americano M270 capace di sparare fino a dodici razzi, ognuno dei quali in grado di distruggere un’area di 0,23 chilometri quadrati, e ovviamente il famoso HIMARS, in grado di lanciare sei razzi o un missile e poi di imboscarsi, grazie al fatto di essere montato su un camion.

Da questo si evince, dunque, che Kiev dispone di uomini e mezzi per non limitarsi solo al contenimento della Russia. Non a caso, in questi giorni molti e autorevoli commentatori parlano apertamente di sconfitta russa. Secondo l’ex direttore della Cia Petraeus, la realtà sul campo è che Putin sta perdendo. L’ex segretario di stato Kissinger va persino oltre, affermando che “la Russia, in un certo senso, ha già perso la guerra” in Ucraina e ha dimostrato che la sua capacità di minacciare l’Europa con un attacco convenzionale non è più credibile.

I militari russi hanno visto una sola novità “tecnica” veramente promettente negli ultimi sette mesi di guerra: i circa mille droni “kamikaze” che Mosca ha ricevuto dagli iraniani, nonostante le smentite di Teheran. Nelle ultime settimane si sono dimostrati l’arma più precisa in mano ai russi, anche se gli ucraini sono stati capaci, forse con l’aiuto israeliano, di abbatterne un numero crescente. Il fatto è che a causa delle sanzioni, ma soprattutto dell’isolamento internazionale, Mosca non ha la minima opportunità di innescare un upgrade rapido ed efficace dei propri armamenti, della logistica e della situazione socioeconomica del Paese per ribaltare la supremazia occidentale. I recenti attacchi missilistici non devono apparire come una novità in quantità e qualità: la “guerra lampo” di Putin era cominciata proprio col lancio di centinaia di queste armi, con quasi quattro settimane di attacchi a Est e Ovest dell’Ucraina senza ottenere niente. Ora il fatto stesso che i Russi concentrino i missili su edifici e infrastrutture civili invece che dare la caccia a molte decine di battaglioni di Kiev conferma solo la nullità tattica di questa scelta.

Né saranno dei game changer le centinaia di migliaia di riservisti russi mobilitati, anche perché Kiev presto potrà schierare decine di migliaia di soldati ucraini che in questo momento vengono addestrati nel Regno Unito e nel Nord Europa e potenzialmente potrebbe mobilitare alcuni milioni di riservisti, dato che adotta la leva universale fin dal 1991.

La storiella del giovane Vladimir e del ratto che chiuso in un angolo diventa più aggressivo appare più un espediente propagandistico che un fatto reale significativo. La Russia, che ha comunque molte opzioni e non è ancora messa in un angolo, si comporterà secondo la sua cultura: non cercherà mai una soluzione di compromesso per ridurre il danno, come farebbero gli Stati inclini all’autoconservazione, ma continuerà a voler imporre la propria forza, vera o presunta, fino anche all’autodistruzione. La storia russa conosce solo vittorie schiaccianti o catastrofi. Nella dama russa con un’unica mossa una pedina può catturare, all’indietro, anche due o più pezzi avversari, purché tutti abbiano una casella vuota alle spalle. E’ lì che rischia di finire Mosca, sempre più isolata – dai partner internazionali, dalla società civile – rispetto al passato.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Francia, distributori di benzina a secco per lo sciopero nelle raffinerie: il governo precetta gli operai. Ma l’astensione dal lavoro continua

next
Articolo Successivo

Camion bomba esploso sul ponte tra Crimea e Russia: “Ecco il controllo al check-point” – Video

next