“Siamo molto preoccupati, la situazione purtroppo non va bene. Siamo in contatto con l’unità di crisi della Farnesina che ha attivato tutte le procedure del caso”. A dirlo è Alberto Piperno, il padre di Alessia, la trentenne italiana arrestata in Iran il 28 settembre mentre manifestava in piazza contro il regime di Ebrahim Raisi, che al momento è probabilmente rinchiusa nel carcere di Evin a Teheran e nei giorni scorsi ha contattato i genitori a Roma. “Spero che Alessia sia liberata al più presto, che si trovi una soluzione e possa tornare dai suoi cari”, dice Ghazal Afshar dell’associazione Giovani iraniani in Italia. La protesta di piazza iniziata dopo la morte di Mahsa Amini – la 22enne arrestata e poi assassinata dalle autorità perché indossava male il velo – spiega, “è ormai trasversale” e non riguarda più solo la questione femminile, “anche se le donne sono sempre state in prima fila, anche in passato, contro il regime islamico”. L’esponente dei Giovani iraniani in Italia critica però la decisione di Piperno di spostarsi a Teheran: “Ognuno è libero di fare e andare dove vuole ma io ho sempre sconsigliato viaggi in Iran, in particolare alle amiche, alle donne” perché “è un paese dove una donna deve avere la tutela legale di una figura maschile per potersi muovere, vivere”.

Nel frattempo il presidente degli Stati Uniti Joe Biden si dice “preoccupato per le repressioni delle manifestazioni” da parte del regime e annuncia nuove sanzioni nei confronti di Teheran. E gli eurodeputati del Partito democratico hanno rivolto un’interrogazione parlamentare all’Alto rappresentante per la Politica estera Ue Josep Borrell, con l’obiettivo di mettere in moto tutti i canali diplomatici per arrivare alla liberazione di Piperno. Secondo le ricostruzioni, la donna avrebbe trascorso un periodo anche nel Kurdistan iraniano, una zona considerata a rischio per via delle istanze contro il regime. In un post su Facebook era stata la stessa Piperno a raccontare momenti di tensione durante le manifestazioni: “Ho chiuso la porta dell’ostello mentre la gente urlava per le strade. Dopo nemmeno trenta secondi ho sentito bussare violentemente alla porta dell’ostello. Erano due donne, due uomini e due bambini” che chiedevano rifugio. “Il caos mi aveva seguito dentro quelle mura”, ha scritto. Ora gli amici della ragazza invitano al silenzio, anche per non rendere ancora più complesse le indagini. “Forse d’ora in poi ci conviene stare un po’ zitti e sperare solamente di rivederla presto”, scrivono sui social due italiani che la donna ha conosciuto durante i primi giorni del suo viaggio. E invitano alla prudenza nella ricostruzione di quello che è accaduto: “Tutte supposizioni“.

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