Leggenda vuole che nelle guerre combattute nell’Europa Nordorientale, dai tempi dell’invasione mongola fino alla Seconda Guerra Mondiale, a vincere sia sempre il ‘generale inverno’. Così, anche nel 2022 la narrazione-tipo degli analisti relativamente alla guerra in Ucraina prevede, come leitmotiv, che i due eserciti finiranno per impantanarsi nella famigerata rasputiza, l’esasperante fanghiglia che ammolla le vie di comunicazione nelle steppe dell’Europa orientale durante l’autunno e alla fine dell’inverno. Ma le cose devono per forza andare secondo queste previsioni? Innanzitutto, guardiamo alla mappa aggiornata al 21 settembre e osserviamo come la gran parte del territorio occupato dai Russi in Ucraina sia rappresentato da una fascia profonda in media 150 chilometri e lunga poco più di 500, compresa fra la città di Kherson e l’oblast di Donetsk. Ebbene, le medie storiche delle temperature in queste regioni parlano di una stagione autunnale di tipo continentale fortemente moderata dalla vicinanza al Mar Nero, il quale – pur essendo in media meno caldo del Mar Mediterraneo – riesce comunque a garantire all’Ucraina meridionale e all’oblast russo di Sochi un clima relativamente mite, con rischio di piogge abbondanti e nevicate molto inferiore alle regioni più a Nord. Soprattutto, il periodo col pericolo di gelate notturne e di congelamento della neve è compreso storicamente solo fra i mesi di dicembre e gennaio. Via via che ci si allontana dal mare, ovviamente, sale la lunghezza del periodo caratterizzato da piogge e nevicate abbondanti e con fenomeni di congelamento del fango: tuttavia, il fatto che Kiev abbia liberato dalle parti di Kharkiv un territorio esteso più di sette volte la provincia di Roma diminuisce il rischio non poco. Il proseguimento con successo o meno della controffensiva ucraina dalle parti di Luhansk e Donetsk determinerà quanta parte di territorio potenzialmente con strade impraticabili sarà sede di combattimenti nei mesi più freddi.

Insomma, l’Europa orientale di per sé non offre, come abbiamo visto, le stesse condizioni da Odessa sul Mar Nero fino a Murmansk, oltre il circolo polare artico. Il clima e le pessime strade di queste zone non hanno impedito la realizzazione di grandi operazioni militari, come la seconda battaglia dei laghi Masuri nel febbraio 1915, combattuta fra tedeschi e forze zariste nel corso di una colossale tempesta di neve in un’area estesa fra il Mar Baltico e i Carpazi, o l’offensiva del lago Narač, una manovra di distrazione condotta dai russi ai danni della Germania guglielmina all’inizio della primavera 1916, in piena rasputiza.

Gli esempi della Grande Guerra sono più vicini a quanto succede in Ucraina rispetto alla Seconda Guerra Mondiale proprio per la natura di guerra di logoramento e di posizione di quel conflitto: dal momento in cui le truppe si dispongono in trincee o fortificano rilievi per attaccare o difendersi, il rischio di impantanamento di carri armati e altri mezzi pesanti passa in secondo piano rispetto all’esigenza di avere truppe funzionali e con un buon morale, cioè non annegate nella melma e non congelate vive in attesa del nemico. Ugualmente, la perdita più o meno grande di mobilità delle colonne di mezzi corazzati può andare in secondo piano rispetto al vantaggio tattico offerto dall’azione di forze ben addestrate per la guerriglia nella neve e nel fango. Le cronache della “guerra bianca” combattuta fra Unione Sovietica e Finlandia nell’inverno 1939-40 sono farcite di racconti eroici sugli infallibili cecchini finnici che resero per i sovietici un vero incubo quel conflitto combattuto in pieno inverno.

Insomma, la guerra in inverno non sprofonderà nel fango e non si farà congelare dalle nevicate, salvo nel caso di fenomeni atmosferici eccezionali e imprevedibili, ma continuerà con i trinceramenti contrapposti, la guerriglia e la lotta partigiana degli Ucraini, oltre alle offensive con i missili russi. Se la rasputiza rallenterà un po’ lo spostamento degli obici e dei micidiali Himars subito dopo gli attacchi, l’organizzazione fortemente gerarchica dei russi non consentirà loro di trarne vantaggi tattici. Anzi, i rigori della stagione fredda accentueranno la debolezza del morale delle forze di Mosca, col rischio che ciò porti a una nuova rotta, ancora più devastante di quella di Kharkiv avvenuta nemmeno due settimane fa. Sì, perché i 300mila riservisti che il regime putiniano strapperà alla vita domestica non andranno a combattere con ardore e spirito di sacrificio, ma solo perché avranno una baionetta piantata nella schiena. Lo stesso esercito russo che ha stentato a nutrire e vestire i combattenti durante l’estate saprà offrire loro abiti caldi, equipaggiamenti adeguati e vettovagliamento per l’inverno? Così, proprio per loro, cioè per i giovani uomini di Mosca, Ekaterinburg e San Pietroburgo, più che per gli Ucraini, l’approssimarsi dell’inverno è un motivo ulteriore di preoccupazione e malumore, perché non sono abituati, come gli asiatici mobilitati in gran numero fino ad oggi, a vivere in strade fangose e a campeggiare in mezzo al gelo, ma a case ben riscaldate e ai comfort che la guerra rischia di strappare loro per sempre.

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