Quello della produzione della plastica, oltre ad essere il settore nel quale si consuma più energia di tutta l’industria petrolchimica, è in assoluto il settore nel quale si utilizzano più petrolio, gas ed elettricità in Unione europea. Più di quanto non si faccia in altre industrie ad alta intensità energetica come quella alimentare, dell’acciaio e della produzione automobilistica. Nel 2020 l’Ue ha prodotto 55 milioni di tonnellate di plastica, utilizzando quasi il 9% del suo consumo totale di gas (che corrisponde all’incirca a quello dei Paesi Bassi) e l’8% del consumo complessivo di petrolio (quasi quanto il consumo di petrolio dell’Italia, sempre nel 2020). Provenivano, tra l’altro, dalla Russia il 38% del gas e circa il 22% del petrolio utilizzati nella produzione di plastica. Solo gli imballaggi, che ne rappresentano una fetta del 40% (oltre 22 milioni di tonnellate), portano via circa 10 miliardi di metri cubi di gas fossile (il consumo di metano della sola Ungheria nel 2020) e 14 milioni di tonnellate di petrolio (quanto hanno consumato insieme Svezia e Danimarca). Tenendo conto di questi dati, nel nuovo report ‘L’inverno sta arrivando: la plastica deve andare’ la coalizione Break Free From Plastic (di cui fanno parte oltre 190 tra organizzazioni non governative e singoli cittadini) e il Center for International Environmental Law (Ciel) pubblicano le stime di quanto si potrebbe risparmiare riducendo la plastica monouso. “Se l’Unione europea riuscisse, entro il 2030, a dimezzare la quantità di imballaggi in plastica immessi sul mercato, arrivando a un tasso di riciclo del 90% – si spiega nel report – potrebbe ridurre i consumi di gas e petrolio, rispettivamente, di 6,2 miliardi di metri cubi e di 8,7 milioni di tonnellate rispetto a quelli del 2020”.

I dati sull’industria che consuma più gas e petrolio – D’altronde, se i produttori petrolchimici globali fossero un paese, sarebbero il terzo consumatore di petrolio al mondo e il quarto consumatore di gas. L’industria è attualmente il principale motore dell’aumento della domanda di petrolio e gas a livello globale, alimentando la crisi climatica e i suoi impatti disastrosi sulle popolazioni e sugli ecosistemi più vulnerabili. Per questo, spiegano gli autori, la soluzione non può essere “sostituire i combustibili fossili russi con importazioni da altre regioni”, ma agire nei settori che consumano di più e più inutilmente. Più di un quinto (22%) di tutto il gas fossile consumato nell’industria europea viene utilizzato solo per produrre plastica (una quantità tre volte superiore al consumo di gas dell’industria siderurgica) che, in Germania e Belgio, porta via quasi il 25% e oltre il 36% del consumo di gas del settore industriale, mentre nei Paesi Bassi si arriva quasi al 50%. Se si parla di petrolio le percentuali salgono: se in tutta l’Unione quasi il 38% del consumo industriale è destinato alla produzione di plastica, in Germania ne assorbe il 41,5%, in Belgio il 64,5% e nei Paesi Bassi il 69%.

Nessuna misura sulla produzione di plastica – “Eppure, mentre in diversi Stati europei i governi invitano i cittadini a non sprecare energia per ridurre il consumo complessivo di combustibili fossili e l’Ue conclude nuovi accordi commerciali per garantire l’approvvigionamento per i mesi più freddi dell’anno – si spiega nel rapporto – non si richiedono gli stessi sforzi ai settori industriali che consumano più materie prime ed energia fossile, trascurando l’enorme potenziale di una drastica riduzione della produzione di plastica”. E, soprattutto degli imballaggi. “Non includere questo settore nel piano europeo di riduzione dei consumi di gas in vista dell’inverno è un grave errore” spiega Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace, tra le ong che fanno parte della coalizione. “Mentre le famiglie e le piccole imprese fanno i conti con bollette alle stelle – aggiunge – l’industria petrolchimica continua a sprecare preziose risorse per produrre plastica monouso, spesso inutile e superflua, alimentando la crisi energetica e climatica”. Tutti insieme, Italia, Belgio, Germania, Spagna, Francia, Paesi Bassi e Polonia sono responsabili del 77% di tutti i rifiuti di imballaggio in plastica nell’Ue e, non a caso, anche del 75% del consumo di petrolio e dell’81% del consumo di gas. Nel 2019, in totale, questi sette paesi hanno prodotto 11,8 milioni di tonnellate di rifiuti di imballaggio in plastica, con la sola Germania che ha prodotto 3,2 milioni, seguita da Italia e Francia con 2,3 milioni.

Il tempo per agire – Nell’agosto 2022, reagendo alla minaccia di un taglio dell’offerta dalla Russia, gli Stati membri si sono impegnati a ridurre il consumo di gas di almeno il 15% entro il 31 marzo 2023. Per la coalizione “questa misura è molto inferiore a quanto necessario” e neppure l’Europa “può permettersi di aspettare altri tre decenni per ridurre del 40% il suo utilizzo di plastica vergine nei settori dell’imballaggio e degli articoli per la casa, automobilistico ed edile”. Uno scenario, quest’ultimo, proposto nella relazione sui percorsi per decarbonizzare e migliorare la circolarità del sistema della plastica in Europa, presentata ad aprile 2022 da Systemiq e commissionata da Plastics Europe, che rappresenta l’industria della plastica. Per la coalizione Break Free From Plastic la riduzione della produzione da 50 a 29 megatonnellate dovrebbe essere raggiunta entro il 2030 ed è proprio da quei sette Paesi, Italia compresa, che bisogna partire. Con la revisione della direttiva sugli imballaggi e “l’introduzione di un limite all’imballaggio globale immesso sul mercato dell’Ue che diminuirebbe nel tempo e lo sviluppo di sistemi di riutilizzo, con obiettivi ambiziosi e vincolanti”.

Imballaggi, il potenziale tra riduzione e riciclo – Solo dimezzando gli imballaggi in plastica immessi sul mercato entro il 2030 nella revisione della direttiva – si spiega nel rapporto – si potrebbero potenzialmente ridurre di un quinto i combustibili fossili destinati alla produzione di plastica. “Significherebbe una riduzione del 4% del consumo industriale di gas fossile nell’Ue rispetto al consumo nel 2020 – stima la coalizione – ossia 5 miliardi di metri cubi, all’incirca quanto il consumo finale di gas, sempre nel 2020, della Repubblica Ceca o della Slovacchia”. Nei grandi paesi produttori di plastica si tratterebbe di una riduzione del consumo industriale di gas fossile pari al 7% in Belgio, al 5% in Germania e al 9% nei Paesi Bassi. Per il consumo industriale di petrolio e prodotti petroliferi, si stima una riduzione potenziale del 6% nell’Ue (6 milioni di tonnellate di petrolio), del 13% in Belgio, dell’8% in Germania e del 14% nei Paesi Bassi. Per l’Italia se la percentuale di riduzione del consumo di gas si ferma all’1,69% (su quello industriale), quella del petrolio è del 5,2%. A questi, vanno aggiunti i risparmi che si ricaverebbero riuscendo ad arrivare, entro il 2030, al 90% degli imballaggi di plastica riciclato meccanicamente in modo sicuro in nuovi imballaggi: si potrebbero risparmiare oltre 6 miliardi di metri cubi di gas (per l’Italia il 2% del consumo industriale) e quasi 9 milioni di tonnellate di petrolio rispetto al 2020 (per l’Italia oltre il 6%).

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