Termovalorizzatori, Ponte sullo Stretto, aeroporti, ritorno alle province e costituzione di un comitato di magistrati non siciliani che possa garantire che i fondi del Pnrr non finiscano in mano alla mafia: sono questi i temi prioritari per il neo presidente della Sicilia, Renato Schifani. Che nel primo discorso pubblico ci tiene a ringraziare “Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Raffaele Lombardo, Saverio Romano e Totò Cuffaro”. Così l’ex presidente del Senato elenca e marca a fuoco gli autori della sua vittoria, dai quali lascia fuori il coordinatore di Forza Italia, il console di Berlusconi in Sicilia, Gianfranco Micciché.

D’altronde la candidatura dell’ex presidente del Senato era nata poco prima di ferragosto non per scelta di Micciché, che ne era anzi all’oscuro, ma era partita da Giorgia Meloni, su indicazione di Antonio Tajani. Una candidatura che è nata proprio come sgambetto al console forzista, che, solo dopo aver tentato una via d’uscita, ha dato il suo benestare. Non lo inserisce dunque nei ringraziamenti, ma sottolinea come il “voto disgiunto, paventato da certa stampa, non c’è stato”. Vince, infatti, di oltre 10 punti su Cateno De Luca che più volte in campagna elettorale aveva parlato di un “partito parallelo” che gli avrebbe consentito la vittoria, provando ad inserirsi nei malumori della coalizione. Il risultato sconfessa, invece, l’ipotesi di un centrodestra che nel segreto dell’urna avrebbe virato verso De Luca e consegna una vittoria netta all’ex presidente del Senato. Che già nelle prime ore del pomeriggio si aggira per i corridoi dell’Hotel delle Palme a Palermo, dove è stata allestita la sala stampa. Lo spoglio inizia alle 14 e Schifani attende attorniato da una schiera di persone con una mise casual, la stessa usata per la chiusura della campagna elettorale, venerdì scorso, dal palco di Villa Bordonaro.

E l’atmosfera all’Hotel delle Palme sembra la stessa: la vittoria appariva sicura già prima che si aprissero le urne per i forzisti – Micciché si era fatto scappare un “assolutamente certa”, per poi rimangiarselo per non “portare attasso (sfiga, ndr)” – e appare sempre più sicura dopo la prima proiezione che dà a Schifani un distacco ampissimo su De Luca, l’ex sindaco di Messina, arrivato secondo. Così alle 18.30, indossa giacca e cravatta e si rivolge finalmente alla stampa per il suo primo discorso da presidente, conquistando per la prima volta a 72 anni, un ruolo di governo, dopo essere stato per 7 anni capogruppo di Fi e poi presidente del Senato ma mai ministro. Un lungo percorso politico non scevro da intoppi giudiziari: il neo presidente della Sicilia è stato indagato per concorso esterno alla mafia, indagine che fu poi archiviata perché nonostante fossero “emerse relazioni con personaggi inseriti nell’ambiente mafioso o vicini a detto ambiente”, secondo il giudice non c’era abbastanza materiale per portarlo a processo. Mentre è al momento a giudizio a Caltanissetta, per rivelazione di segreto, in uno dei filoni del processo a carico di Antonello Montante, ex numero uno di Confindustria, condannato in primo grado ad 8 anni, in appello, per corruzione.

Così che dopo le dimissioni nel 2008 di Totò Cuffaro, in seguito alla condanna per favoreggiamento alla mafia, Schifani è il primo a conquistare la carica di presidente della Sicilia pur avendo un processo in corso. E proprio Cuffaro, tornato in politica con la Nuova democrazia cristiana, chiude la lista dei ringraziamenti sciorinata dal neo presidente in conferenza stampa. Ma nel suo primo discorso Schifani dispensa rassicurazioni sia agli alleati, con i quali promette di “lavorare in piena sinergia”, che alle opposizioni, per le quali “non avrà pregiudizi”. E dopo le polemiche infuocate dagli ultimi arresti, a pochissimi giorni dalle elezioni, e gli allarmi lanciati, da ultimo, da Maria Falcone, sulla possibilità di infiltrazione delle mafie nei gangli dell’amministrazione pubblica per accaparrarsi i fondi del Pnrr, il neo presidente non glissa: “Istituirò una conferenza dei servizi affinché la mafia non si infiltri nel territorio. Istituirò un comitato ristrettissimo di ex magistrati o ex personaggi delle forze dell’ordine, possibilmente non siciliani, per verificare l’andamento del Pnrr”. Nomi non ne ha fatti, perché “C’ho pensato soltanto ieri”. E dire che storicamente i magistrati più esperti sul fronte dell’infiltrazione mafiosa nei gangli del potere sono spesso nati e cresciuti in Sicilia. Schifani però preferisce cercarli altrove.

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