A distanza di una settimana dall’alluvione che ha devastato le Marche, la popolazione fa ancora i conti con danni ingenti. “Le strade principali sono state ripulite da fango e macerie, ma c’è ancora tanto lavoro da fare in abitazioni in cui la distruzione ha preso il sopravvento” afferma Giuseppe Chiucchiù, fotografo di Montecarotto, paesino incastonato tra le zone più colpite di Ostra e Serra de’ Conti.

Dalla sua casa adagiata su una collina, la sera del 15 settembre, in preda alla preoccupazione per la forte pioggia, è partito per andare incontro alla sua compagna in arrivo da Jesi: “Prima che la situazione peggiorasse – racconta – sono balzato sul mio fuoristrada e, passando sopra a piccole frane, l’ho raggiunta a metà strada per tornare insieme a casa. In realtà, abbiamo dovuto lasciare la macchina a circa 1 chilometro da casa e attraversare a piedi una valanga di fango per arrivare sull’uscio della mia abitazione”. Seppur fosse al sicuro, Chiucchiù non si è adagiato e, la mattina successiva, ha deciso di raggiungere tanti amici che vivono a Senigallia, nell’epicentro dell’alluvione. “Non stavo in pace, la notte mi sono aggiornato continuamente soprattutto con gli amici che abitano lungo il fiume Misa. Alle prime luci dell’alba, ho caricato la macchina di pale, scope e attrezzi con cui mi diletto a fare lavori domestici e mi sono messo in viaggio per dare il mio aiuto” ricorda il fotografo con la devastazione dei primi giorni ancora impressa negli occhi.

Strade dissestate e invase dal fango, abitazioni trasformate in cumuli di macerie, sguardi smarriti di persone private della propria quotidianità e, nei casi peggiori, dei propri affetti: è lo scenario disastroso davanti al quale si ritrova, quotidianamente, fermandosi a prestare soccorso nei paesini più colpiti per poi giungere a Senigallia. “Ho ripristinato l’impianto elettrico di alcuni vicini dei miei amici, abbiamo aiutato un anziano obeso che non riusciva ad uscire dalla sua abitazione, con i secchi tuttora cerchiamo di svuotare scantinati allagati e case piene di detriti. Cerco di contribuire, per quanto possibile, a risanare una situazione sconvolgente per gli occhi e per il cuore” dice.

Dopo i primi giorni di lavoro infaticabile, si è ricordato di aver portato con sé la sua fida macchina fotografica e, concedendosi piccole pause da pale e rastrelli, ha iniziato a posare il suo obbiettivo su luoghi e persone devastate dal dolore. “La mia priorità è aiutare più possibile, ma, stando a stretto contatto con questa gente, si è creato un rapporto empatico tale che, in punta di piedi, cerco di immortalare le loro emozioni” dichiara rammentando l’immagine di una signora rientrata nell’abitazione distrutta per salvare dal fango qualche ricordo racchiuso in foto di famiglia, di una ragazza intenta a ripulire un’enciclopedia regalatale dalla nonna scomparsa, ma anche lo scatto di Mattia e Barbara, una giovane coppia di volontari. “Ci siamo fermati a chiacchierare qualche minuto – ricorda – mentre trasportavamo detriti nelle carriole. Quando li ho visti procedere mano nella mano, in mezzo allo sfacelo, con gli indumenti ricoperti di fango, ho sentito il bisogno di condividere quella grande umanità”.

Tuttora, la mattina, dopo aver portato beni di prima necessità ai vicini, da 7 giorni isolati da una frana, Chiucchiù si reca a Senigallia per aiutare quella che, in questi giorni difficili, è diventata una grande famiglia. Fondamentale quanto inaspettato anche il supporto di tanti ragazzi marchigiani che, grazie a un passaparola sui social, arrivano nelle zone più colpite per aiutare a spalare il fango. “Poso il mio obbiettivo anche su questa straordinaria rete che ho ribattezzato l’esercito della solidarietà” aggiunge mentre, rallegrato dal sorriso concessogli dalla gente per ringraziarlo del sostegno, confida l’intenzione di esporre all’interno di un capannone, nella zona rossa di Senigallia, una gigantografia dello scatto in cui ritrae una famiglia che, con pale e stivali ricoperti di fango, indica il livello della melma sul muro della propria abitazione. “Sui loro volti è evidente la fatica, ma anche un accenno di contentezza per essere riusciti a salvarsi. Questa fotografia rappresenta il simbolo della resistenza in mezzo alla devastazione” conclude accennando la possibilità di una mostra, ma soltanto quando sarà passata l’emergenza. “Ora è il momento di tendere la mano” chiosa.

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