Hanno deciso di ricorrere al Tar contro gli incentivi per i motori a combustione e, in particolare, contro il decreto del presidente del Consiglio del 6 aprile scorso, che ha stabilito il riconoscimento degli incentivi ‘per l’acquisto di veicoli non inquinanti’ per gli anni 2022, 2023 e 2024. A rivolgersi ai giudici amministrativi sono Legambiente, Wwf Italia, Greenpeace Italia, Kyoto Club, Cittadini per l’aria con il coordinamento di Transport & Environment. Chiedono al governo di mettere fine a qualsiasi incentivo all’acquisto di auto con motori a combustione e di privilegiare gli interventi a sostegno della riconversione industriale verso la mobilità elettrica e gli investimenti nelle infrastrutture di mobilità sostenibile a zero emissioni. Dal 2020, dopo lo scoppio della pandemia, i governi che si sono succeduti hanno speso circa 2,6 miliardi di euro in bonus per l’acquisto di nuove auto, a cui vanno aggiunti altri 500 milioni circa da parte delle Regioni e di alcuni Comuni. “Abbiamo speso tre miliardi di fondi pubblici in tre anni ma abbiamo in circolazione il numero più basso di auto elettriche di tutta Europa (l’8% del mercato, contro il 20% continentale)” accusano le associazioni, ricordando che in Italia i bonus auto sono stati stanziati, appunto, anche per le auto con motori a combustione. “Gran parte dei tre miliardi – aggiungono – sono stati spesi per auto altamente inquinanti, con emissioni fino a 135 grammi di CO2 per chilometro”. In nessun altro Paese europeo si finanziano auto con motore a combustione interna, ad eccezione della Romania dove, però, gli incentivi si fermano ai 120 grammi di CO2 per km”.

Le motivazioni del ricorso al Tar – Secondo le associazioni è incostituzionale il decreto legge in virtù del quale è stato emanato il decreto del 6 aprile scorso. “Mancano i requisiti di straordinarietà e urgenza necessari ad avocare il potere costituzionalmente riservato alle assemblee legislative. Le misure per il rilancio di politiche industriali del settore ‘automotive’ italiano – si spiega nel ricorso – costituiscono un ‘corpo estraneo’ in un decreto legge il cui intento principale è far fronte alla crisi energetica”. Si violerebbero, poi, le norme nazionali e sovranazionali che definiscono i livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 delle autovetture nuove e dei veicoli commerciali leggeri nuovi. “Il decreto del presidente del Consiglio – spiegano i ricorrenti – incentiva l’acquisto di veicoli nuovi di fabbrica con emissioni comprese in fasce superiori a quelle compatibili con gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni nocive per l’ambiente nel periodo 2020-2024”. Le soglie di emissione oggetto di incentivi (comprese nella fascia 21-60 e 61-135 grammi di anidride carbonica per chilometro) sarebbero dunque “arbitrarie” e in contrasto con le norme europee che ritengono compatibili con gli obiettivi climatici solo categorie di autovetture con emissioni non superiori a 50g CO2/Km. Secondo le associazioni, inoltre, il decreto scritto dal ministero per lo Sviluppo economico ha contribuito a rendere limitante e complicato l’accesso ai bonus per l’auto elettrica, a causa di limiti su modelli, beneficiari, redditi e di incongruenze relative al tetto massimo.

Il confronto con Berlino – Le associazioni fanno anche un confronto con la Germania, “altrettanto generosa nell’elargire bonus a nuove auto”. E, di fatto, anche i tedeschi hanno già speso circa tre miliardi in incentivi, ma solo sulle auto completamente elettriche (0-20 grammi di emissioni di CO2 per km) e plug-in (21-50 grammi). “I due terzi delle auto nuove sono stati acquistate da imprese o società di noleggio o di sharing, senza indebitare le famiglie. Da noi è avvenuto il contrario” commentano le associazioni. Attualmente, sulle strade tedesche, circolano 660mila auto elettriche e 550 mila plug-in. In Italia, invece, 150mila elettriche e 155 mila plug-in: quattro volte di meno. Sui numeri il commento: “Abbiamo speso quanto in Germania (che conta 80 milioni di abitanti), le famiglie italiane si sono indebitate e abbiamo molte meno auto pulite rispetto a loro. Dal punto di vista economico, sociale e ambientale, è un completo fallimento”.

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