Nell’epoca del fuorigioco semiautomatico e delle linee tracciate dal Var, il margine di errore – in questo ambito – si è drasticamente ridotto. Direi quasi azzerato, se non fosse per l’unico errore commesso nello scorso campionato che, non è un segreto, è quello del gol di Acerbi in Spezia-Lazio. Ci sono audio che spiegano l’errore, per i curiosi. Resta però un tema di interpretazione su una casistica in particolare, quella del tocco del difensore. È successo in SassuoloMilan, con Berardi lanciato verso la porta rossonera, trattenuto da Theo Hernandez, già ammonito.

Prima specifica utile: se fosse stato fischiato il fallo, non si sarebbe trattato di secondo cartellino giallo ma di espulsione diretta. Theo trattiene Berardi in maniera “non genuina”, ovvero con la parte alta del corpo, fuori dall’area di rigore. Durante l’anno torneremo sicuramente su questa discriminante: fallo genuino (tentativo di tackle non riuscito, ad esempio) e fallo non genuino (tirare la maglia per interrompere la corsa o spingere un avversario con le mani). Riavvolgiamo quindi il nastro: Theo interrompe la corsa di Berardi, fuori dall’area, ma in posizione centrale e a pochi dalla porta, circa 18 per essere precisi. Si tratta – o meglio, si tratterebbe – di chiara occasione da rete. Ricordiamo che non esiste più la terminologia “ultimo uomo” e che quindi non è corretta usarla. Primo perché si tratta del penultimo – l’ultimo è il portiere – secondo perché se questo si trova, usando un esempio paradossale – vicino alla bandierina del calcio d’angolo, capite che non è rilevante per l’azione.

L’azione però si sviluppa su un altro piano, e il focus è quello del fuorigioco sì o no. Se Berardi avesse ricevuto il pallone da un suo compagno, non avremmo avuto dubbi: fuorigioco. Nel caso specifico invece c’è da valutare se il tocco del difendente del Milan è una giocata (che quindi rimette in gioco l’attaccante avversario) o una deviazione (nessun effetto). Qui interviene l’interpretazione dell’arbitro e dei suoi collaboratori: assistente e var. In casi del genere c’è da valutare se si tratti dell’una o dell’altra.

Un esempio di giocata è un colpo di testa all’indietro: difendente non pressato fa due passi indietro e serve erroneamente il pallone ad un avversario. Giocata, effetto del fuorigioco annullato, gol valido. Caso maestro: un retropassaggio di un giocatore del Torino a Trezeguet in un derby. Stessa cosa dicasi per uno stop a seguire mal riuscito. Provo a stoppare il pallone, me ne assumo la responsabilità, lo stop viene male e il pallone finisce ad un avversario in posizione geografica di fuorigioco: gol valido.

Nel caso di Sassuolo-Milan, però, si tratta di deviazione. È il pallone a sbattere sul difendente e non viceversa, il difendente non è in controllo e quindi la posizione di Berardi resta di fuorigioco. Giusto fermare il gioco. Fa scuola, ed è interessante, anche un episodio accaduto in Perugia-Bari con il pallone che in un rimpallo colpisce Di Cesare (difensore) e finisce a Melchiorri (attaccante) che segna. Anche in quel caso la rete non viene convalidata, giustamente. Come per tutte le interpretazioni, possono esserci aree grigie, ma sicuramente la Var aiuta a capire – in campo è molto più complicato – se il difendente tenta una giocata volontaria o se il pallone gli sbatte addosso e gli effetti di questo “tocco”. Giocata o deviazione. Ricordate questi due termini, sono la nostra stella polare per valutare questo genere di casi.

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