di Federico La Mattina

Il discorso di Papa Francesco contro la “pazzia” della guerra è stato di grande valore umano e politico: nessun leader politico mondiale si è espresso in modo così netto contro la guerra. Papa Francesco non si è fatto arruolare ideologicamente (in tanti vorrebbero vedere la diplomazia vaticana allineata a quella del fronte euroatlantico) e non ha fatto sconti a nessuno, scavalcando le propagande di guerra. Le parole del Papa ricordano, con le opportune divergenze storiche, la nota di Benedetto XV del 1917 “ai capi dei popoli belligeranti” “sull’inutile strage” della prima guerra mondiale: anche il quel caso le parole del Papa suscitarono il dileggio da parte dei belligeranti.

Il Papa peraltro non si è limitato a citare il conflitto in Ucraina (a cui giustamente ha dato maggiore risalto) ma – coerentemente con la sua intuizione geopolitica formulata alcuni anni fa sulla “terza guerra mondiale a pezzi” – ha citato altri conflitti sanguinosi come quelli in Yemen o in Siria. Le forti polemiche da parte del governo ucraino – che ha perfino convocato il nunzio apostolico in Ucraina – hanno dell’assurdo. Papa Francesco è evidentemente “colpevole” di avere fatto un discorso al di fuori delle opposte propagande di guerra: un appello accorato alla pace da parte di un pastore del “popolo di Dio” che, come tale, parla all’umanità e in nome dell’umanità tutta. Il Cardinale Parolin in una recente intervista pubblicata sulla rivista di geopolitica “Limes” (precedente al discorso del Papa del 24 agosto) ha definito le parole del Papa in favore della pace una “voce che grida nel deserto” (vox clamantis in deserto).

Anche il patriarcato di Mosca negli scorsi mesi non ha risparmiato critiche nei confronti del Papa, che tuttavia fa il possibile per evitare fratture insanabili con i rappresentanti delle altre Chiese, cercando di tenere uniti ecumenismo e pacifismo. Il Papa ha avuto un confronto franco con il Patriarca di Mosca Kirill sul tema della guerra che li vede su posizioni molto distanti.

Qualcuno vorrebbe vedere Papa Francesco arruolato con il cosiddetto Occidente e magari con l’elmetto. Il Papa invece critica aspramente la corsa al riarmo, adotta una prospettiva multilaterale di pace piuttosto che uno schema binario di guerra. Parla a tutti coloro che soffrono per la guerra, al di là delle idee e della nazionalità, pregando per chi soffre, senza distinzioni. La vox clamantis in deserto del Santo Padre dà voce a tutti coloro che credono negli sforzi diplomatici volti a favorire la pace, siano essi credenti o non credenti. La Nota contro l’inutile strage di Benedetto XV cadde in un funesto e funereo silenzio. Speriamo che le parole di Papa Francesco abbiano una sorte differente.

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