Giuseppe Conte avanza la proposta della riduzione dell’orario di lavoro a parità salariale: “E’ un tema forte, importante. Tutti gli studi in materia dimostrano che non è vero che più si lavora e più si è produttivi, oltre una certa soglia la produttività non migliora affatto, anzi”. Il presidente del M5s in un’intervista con il direttore de La Stampa, Massimo Giannini, difende le misure simbolo dei pentastellati, dal reddito di cittadinanza a superbonus e cashback, e rilancia la sperimentazione di un orario di lavoro ridotto: “In Italia ci ritroviamo con una media di ore lavorate all’anno che è la più alta in Europa: noi siamo a circa 1.723 ore l’anno, in Germania a 1.356 e hanno una produttività molto più elevata“, sottolinea Conte. Che nel corso della trasmissione ’30 minuti al Massimo’ ripercorre anche le fasi che hanno portato alla cadute del governo: “Draghi e Letta sono stati zitti mentre Di Maio metteva a repentaglio l’equilibrio della maggioranza”, spiega il leader M5s.

“Proponiamo la riduzione dell’orario di lavoro a parità salariale – spiega Conte a Giannini – Non lo vogliamo fare a danno delle imprese ne la vogliamo imporre: si può sperimentare con un meccanismo di adesione su base volontaria“. “Possiamo partire da quattro ore di riduzione sulle 40 settimanali“, specifica l’ex premier. L’idea è “sperimentare questa norma nei settori a più alta componente tecnologica“. Conte non dimentica anche le altri misure del M5s: “Per lotta al taglio di privilegi, Reddito di cittadinanza, lotta alla corruzione noi siamo la forza più progressista che ha governato in questi ultimi anni”. E proprio sulla misura di sostegno alle famiglie indigenti Conte sottolinea: “Siamo intervenuti per bloccare le frodi ma abbiamo salvato un milione di cittadini dalla povertà“. “Ora dico attenzione: eliminarlo sarebbe una follia e ci sarebbe una rabbia sociale su cui non dobbiamo scherzare”, ammonisce il leader M5s.

Nel corso dell’intervista vengono ripercorse anche le ragioni che hanno portato al non voto di fiducia del M5s al governo Draghi: “Di Maio, il ministro degli Esteri, durante il conflitto in Ucraina ha creato uno smottamento nell’equilibrio precario della maggioranza e ha formato una nuova formazione, accusando il Movimento 5 stelle di essere una minaccia per la sicurezza nazionale. Né il presidente del Consiglio, che è venuto in Parlamento e non ha voluto dialogare, né il Pd hanno detto nulla”, evidenzia Conte. Che non parla di “congiura” ma specifica: “Il complottismo non mi appartiene, però non è tutto normale“. “Anche i cittadini più ingenui hanno capito che non siamo stati noi a far cadere il governo, quando il Pd ci ha messo l’inceneritore sotto il naso e quando Di Maio sotto gli occhi di Draghi durante un conflitto ucraino si è messo a creare uno smottamento in un equilibrio già precario di maggioranza”, aggiunge Conte.

E sulla telefonata di Mario Draghi a Beppe Grillo per chiedergli di sostituire l’ex premier dal vertice del Movimento, Conte risponde: “Io credo a Grillo“. Accreditando così il racconto del sociologo Domenico De Masi, grande amico del comico genovese, a Il Fatto Quotidiano. “I rapporti con Grillo sono buoni – prosegue – ci sentiamo costantemente. A parte qualche momento nel passato in cui c’è stata un’incomprensione, un momento di scontro, poi c’è stata una ricomposizione e da allora possiamo avere una diversità di vedute ma riusciamo a collaborare”. Anche con Virginia Raggi “nessuna ruggine o frizione: lei ha dato una interpretazione errata delle regole”, replica Conte. Che poi commenta anche i rapporti con il Partito democratico: “Noi non siamo una forza rancorosa. Ma Letta spieghi al suo elettorato perché ha abbracciato tutti, anche Fratoianni e Verdi, tranne noi. Dopodiché si vedrà. In ogni caso alla luce dell’esperienza maturata noi saremo ancora più cauti di prima. Dire no per sempre non ha senso. Io dico sì ai progetti di riforma“. “Lascio se il M5S alle elezioni otterrà una percentuale inferiore a due cifre? Io credo che i risultati saranno buoni“, conclude poi Conte.

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