Senza le divise da gioco addosso sarebbe quasi impossibile distinguere le due squadre. Perché la lettura delle rose può mandare in confusione anche i più attenti. D’altra parte sono ormai sei anni che l’Olympique Marsiglia si è votato totalmente alla sua nuova causa. Diventare la Roma B. Un ideale che il club francese sta perseguendo con una devozione feroce. Ogni estate il mosaico si arricchisce di un nuovo tassello. Non c’è sessione di mercato in cui i biancoblù non decidano di acquistare un giallorosso. Possibilmente un esubero. Più spesso uno che era arrivato nella Capitale con le stimmate dell’uomo in grado di compiere miracoli e ma che poi non era riuscito a portare a termine neanche una prestidigitazione. Un gemellaggio contorto e impenetrabile che toglie i problemi ai capitolini per crearne ai marsigliesi. Ma che, soprattutto, non ha portato neanche un trofeo nella bacheca dei transalpini.

L’incipit della storia viene scritto a gennaio 2016. Rudi Garcia, l’uomo che aveva voluto Gervinho bella Capitale e che aveva inanellato dieci vittorie una dietro l’altra, l’allenatore che aveva rimesso la chiesa al centro del villaggio e che aveva strofinato fra pollice e indice i cinquanta euro che Pallotta gli aveva tributato come “aumento” in uno storico dopopartita, viene esonerato. La sconfitta ai calci di rigore contro lo Spezia (allora in B) negli ottavi di Coppa Italia e l’andamento lento in campionato avevano invalidato i due secondi posti collezionati nelle stagioni precedenti. A ottobre arriva la chiamata dell’Olympique. La squadra è precipitata fino al dodicesimo posto in classifica. Serve un allenatore capace di risollevarla. Rudi accetta e si rimbocca le maniche. A fine stagione chiude al quinto posto. L’anno successivo addirittura quarto.

È nell’estate del 2018 che ha la prima intuizione. Alza il telefono e chiama Kevin Strootman, il calciatore che lui stesso a Roma aveva ribattezzato “la lavatrice”, uno in grado di pulire i palloni sporchi che vagavano per il centrocampo. Sembra il rinnovamento di un sodalizio perfetto. E invece assomiglia più alla reunion di una band che ha il meglio ormi alle spalle. Strootman è ancora un idolo del pubblico romanista. Ma la differenza fra quello che è in campo e quello che in verità poteva essere comincia a essere vistosa. La foto che lo ritrae in una corsa quasi rugbistica, con gli avversari che gli si aggrappano alla maglia per essere trascinati via sono ormai un ricordo. I due infortuni al crociato del ginocchio sinistro gli hanno tolto potenza e velocità. Garcia decide di presentare comunque un’offerta alla Roma. Sono venticinque milioni più tre di bonus. Monchi è incredulo. Non solo accetta. Ma vende il calciatore quando il mercato italiano è già chiuso e l’olandese non può essere sostituito.

La luna di miele di Strootman a Marsiglia non dura neanche due mesi. A novembre lo spogliatoio è già tutto contro di lui. Thauvin, Payet e Luiz Gustavo alzano la voce. Kevin “è il cocco di Garcia e guadagna troppo”. Il centrocampista gioca sempre meno. Prende le sembianze dello Stan Laurel raccontato da Osvaldo Soriano in Triste, Solitario y Final. Villas Boas, subentrato a Rudi, lo spinge ai margini. E lo gira in prestito prima al Genoa e poi al Cagliari. Dai sogni scudetto alla lotta per non retrocedere, in un pellegrinaggio piuttosto dimesso per quello che era uno dei talenti più abbacinanti della sua generazione.

“Il fanatismo consiste nel raddoppiare gli sforzi quando si è dimenticato lo scopo”, scriveva Giorgio de Santillana. Ed è esattamente il modus operandi che decide di seguire l’Olympique. L’estate del 2021 assume contorni epici. Il Marsiglia acquista Gerson, centrocampista-trattino-trequartista cresciuto nel Fluminense che a 19 anni aveva stregato Walter Sabatini. Tanto che nel 2016, pur di convincerlo a sbarcare nell’Urbe, il ds gli aveva inviato una maglia della Roma. Sul retro c’era il numero 10. Solo che poco sopra, invece di Totti, c’era scritto Gerson. Un’idea che nella città di San Pietro era stata percepita come una bestemmia gridata fra le navate di una chiesa. Anche perché il brasiliano a Roma è ricordato principalmente per l’indolenza mostrata in campo e per la surreale clausola contrattuale che, in caso di vittoria del Pallone d’Oro da parte de ragazzo, obbligava il club giallorosso a pagare una penale al Barcellona. Gerson non ci è andato mai neanche vicino. E così, dopo un prestito alla Fiorentina e poco più di un biennio, l’estate scorsa si è trasferito a Marsiglia, dove è riuscito a ritagliarsi uno spazio interessante.

Nella stessa finestra di mercato, però, sono arrivati al Vélodrome anche Under (pagato 9 milioni ai giallorossi), esterno tascabile con un tiro al fulmicotone che a Trigoria è sempre rimasto qualcosa di molto vicino a un rebus, e Pau Lopez, il portiere di Gerona che era stato scelto per sostituire Robin Olsen che a sua volta avrebbe dovuto sostituire Alisson. A Roma però si ricordano dello spagnolo soprattutto per una papera nel derby del 26 gennaio 2020. I giallorossi passano in vantaggio con Dzeko, poi Santon, di testa, colpisce il pallone per mandarlo in calcio d’angolo. È allora che il portiere, senza motivo, decide di smanacciare la sfera ormai sopra la traversa e di rimetterla in gioco, spianando la strada al pareggio di Acerbi. Un errore grottesco che aprirà il lunghissimo periodo di crisi di Pau Lopez.

L’ultimo colpo, almeno per il momento, è andato a segno nei giorni scorsi. La Roma ha annunciato l’acquisto di Wijnaldum e contestualmente la cessione di Veretout. Al Marsiglia, ovviamente. Un’operazione che porterà nelle casse giallorosse 11 milioni di euro (più 4.5 di bonus) e che libera Mourinho da un motorino di centrocampo che nella seconda parte della scorsa stagione aveva tolto il piede dal gas. In sei stagioni l’Olympique ha versato più di 60 milioni nelle casse del club giallorosso pur di mettere le mani sui suoi esuberi. Una cifra che fotografa piuttosto bene questa strana devozione unilaterale che lega i due club. Secondo Cioran “ciò che veneriamo nei nostri dèi non sono altro che le nostre sconfitte in bello”. A Marsiglia sperano che non sia più così. Perché dopo che la Roma ha vinto l’Europa Conference League, magari anche la sua piccola colonia francese è legittimata a sognare.

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