Il discorso di Mario Draghi alle Camere sembra aprire spiragli per la formazione di un nuovo governo sulla base di un “patto” che egli propone, offrendo alcune concessioni alle richieste di Giuseppe Conte.

Egli insiste sull’unità dei consensi per la realizzazione del suo piano politico. È subito da notare, tuttavia, che questa “unità” non può più riguardare i 5 stelle, poiché di fatto questo movimento antisistema si è ricollocato nel sistema dominante con la scissione di “Insieme per il futuro”, che ha lasciato al movimento un numero limitato di parlamentari.

Dunque, quando Draghi dice di volere la più ampia unità, gli si deve rispondere che egli ce l’ha, poiché può contare sul 70 per cento dei consensi dei parlamentari.

Il problema riguarda i contenuti del discorso di Draghi. E qui il contrasto con Conte appare limitato ai rapporti con l’Europa e con gli Stati Uniti riguardo l’invio di armi in Ucraina, con la conseguenza che la concessione della fiducia a Draghi confermerebbe la volontà del Parlamento a continuare su questa sbagliatissima via.

Il vero punto dirimente è piuttosto nascosto nel discorso di Draghi. In realtà il nostro presidente del Consiglio continua a credere, nonostante i disastri economici che sono sotto gli occhi di tutti, che l’Italia deve spogliarsi di tutti i beni appartenenti al popolo come demanio inalienabile e incomprimibile, offrendo ai privati, spesso stranieri, sia la vendita di beni e servizi pubblici essenziali, molto fruttuosi, costituenti il patrimonio nazionale, sia la semplice gestione di tali beni con il diritto a percepirne i profitti.

Insomma un agire contro gli interessi del popolo italiano e a favore delle multinazionali e della finanza in genere, la quale assorbe, ma non produce ricchezza. L’errore è macroscopico, poiché, se l’Italia dismette le proprie “fonti di produzione nazionale”, si priva degli elementi necessari per assicurare il “lavoro”, lo “sviluppo” e il “benessere” dei propri cittadini. Ricorrere al Pnrr, e in particolare al decreto “concorrenza”, che chiama con gara europea le potenze economiche straniere a impossessarsi della nostra residua ricchezza è un grave atto di ostilità contro la stessa esistenza del funzionamento del mostro Stato comunità (tale definito in Costituzione).

Insomma, Draghi fa leva sulla propaganda della “menzogna”, utilizzando “l’immaginario collettivo”, attuato, ormai da un trentennio, dal pensiero fuorviante, genocida e unico del neoliberismo, che ha sostituito un sistema economico produttivo e solidale di stampo keynesiano, che riserva al popolo la “proprietà pubblica” (art. 42 Cost.) dei suoi beni e servizi (da intendere come “beni immateriali”), con un sistema economico bieco, egoista, distruttore del demanio costituzionale, che, “unico” è in grado di porre in salvo i nostri beni e servizi pubblici (oltre alle fonti di energia e le industrie strategiche, di cui all’art. 43 Cost.), mantenendoli “fuori commercio”, e rendendoli “beni comuni” inalienabili e incomprimibili (art. 42 Cost.), in quanto “proprietà pubblica” del popolo italiano.

A questo punto non resta che sperare che, una volta risolta la crisi di governo, le infinite, ma discordanti formazioni volontaristiche, nonché alcuni partiti illuminati, riprendano in mano la situazione politica e riescano a superare, almeno in parte, la diffusione di questo bieco pensiero neoliberista, riuscendo a portare in Parlamento, alle prossime elezioni, un gruppo di persone che siano in grado di agire, secondo la Costituzione, restituendo al popolo il suo demanio costituzionale, che dovrà agire come uno scudo contro le illecite privatizzazioni e concessioni della “gestione” dei beni e servizi in “proprietà pubblica” (art. 42 Cost) del popolo italiano.

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