È “moderata la dinamica delle retribuzioni contrattuali in Italia”, si legge nel nuovo bollettino economico della Banca d’Italia. “Nel primo trimestre le retribuzioni contrattuali nell’area dell’euro sono aumentate del 2,8 per cento su base annua”. Dai grafici si evince come l’incremento degli stipendi italiani non raggiunga invece nemmeno l’1%. Se si tiene conto che nel frattempo i prezzi aumentano in media dell’8% significa che i salari sono più bassi del 7% rispetto ad un anno fa. In Francia gli incrementi delle buste paga sono stati di oltre il 2%, in Germania del 2% (ma si sale a + 4,3% considerando le una tantum), in Spagna del 2,4%. La debolezza degli incrementi salariali si accompagna ad un andamento del margine operativo lordo (la differenza tra i ricavi e costi) medio delle imprese italiane in progressiva discesa da fine 2020, a segnalare gravi difficoltà nel miglioramento della produttività. Secondo quanto scrive Banca d’Italia la dinamica potrebbe intensificarsi nel corso del 2022, in parte risentendo dell’incremento del salario minimo in Germania e, seppure in misura più limitata, in Francia e in Spagna. Tuttavia, la quota contenuta di retribuzioni indicizzate alla variazione dei prezzi limita i rischi di una rincorsa tra salari e prezzi.

Via Nazionale sottolinea come “L’erosione del potere d’acquisto, che colpisce in particolare le famiglie meno abbienti” a causa dell’inflazione “sia stata mitigata dai provvedimenti del governo volti ad alleviare il peso dei rincari energetici; nel complesso queste misure quasi dimezzano l’impatto dello shock inflazionistico sui nuclei a più basso reddito”. Fra le misure “il bonus sociale appare il più efficiente nel contenere il rialzo della diseguaglianza, alla luce del suo limitato impatto sulla finanza pubblica”. Stamattina l’Istat, confermando l’8% della stima preliminare sull’inflazione di giugno, ha sottolineato come per le famiglie meno abbienti il carovita sia in realtà al 9,8%, vista la maggiore incidenza che beni di prima necessità hanno sui consumi complessivi. Per le famiglie più benestanti viceversa l’impatto dell’inflazione si ferma al 6,1%.

Nel bollettino della Banca d’Italia si ribadisce come il Prodotto interno lordo italiano sia tornato a salire nel secondo trimestre dopo che nei primi tre mesi la crescita era stata appena positiva. Secondo le stime “è stata pari a circa mezzo punto percentuale nel secondo trimestre”. I consumi delle famiglie ” hanno beneficiato dell’allentamento delle restrizioni introdotte per contrastare la pandemia. È proseguito l’aumento degli investimenti e delle esportazioni, sebbene a un ritmo più contenuto. In primavera “è continuato il recupero dell’occupazione, ma vi sono segnali di decelerazione”.

In caso di blocco totale dell’importazione di gas russo “con conseguenti interruzioni produttive di alcune attività industriali” e “al netto di possibili risposte delle politiche economiche” il Pil dell’Italia salirebbe meno dell’1% nel 2022 e quindi scenderebbe nel prossimo anno di quasi 2 punti percentuali, tornando a espandersi solo nel 2024″. Scrive ancora Banca d’Italia nel bollettino economico secondo cui nello scenario normale il Pil aumenterebbe del 3,2% quest’anno e dell’1,3% nel 2023.

L’immagine in evidenza è tratta dal Bollettino economico n. 3 2022 della Banca d’Italia.

Articolo Precedente

Banche, il costo dei mutui sale ai massimi da 5 anni. Ma i tassi di interesse sui depositi restano al palo

next
Articolo Successivo

Piccoli imprenditori, serve pancia e cervello ma non il naso

next