Il 6 luglio 2022 il Parlamento Europeo si è prestato a una mistificazione che sa di scandalo: non respingendo l’atto delegato della Commissione presieduta da Ursula von der Leyen, nella sessione plenaria ha tradito il clima e i cittadini, approvando a maggioranza una serie di norme sulla finanza sostenibile che convoglieranno miliardi di euro in attività che, accelerando il cambiamento climatico, danneggeranno il pianeta e la vita delle nuove generazioni.

Grandi manifestazioni e centinaia di migliaia di firme in tutta Europa avevano esortato i loro europarlamentari a respingere un “greenwashing” coperto da aiuti pubblici e facilitazioni finanziarie.

L’inclusione del gas fossile nella tassonomia dell’Ue crea un serio pericolo di contrasto con altre leggi dell’Ue, in particolare con gli obblighi previsti dall’Accordo di Parigi, dalla Legge europea sul clima, dal Green New Deal malamente azzoppato.

Con questo atto delegato la direzione è ora segnata, benché l’inclusione di gas e nucleare sia limitata nel tempo e dipenda da condizioni specifiche e requisiti di trasparenza, che quasi sempre rimangono a discrezione delle aziende. Inceneritori, cogeneratori a gas per teleriscaldamento e teleraffreddamento, nuove centrali nucleari e un loro prolungamento del ciclo di vita sono ritornati prepotentemente in gioco e potranno quindi ricevere finanziamenti da parte degli investitori con grande soddisfazione delle lobby energetiche che operano alacremente a Bruxelles.

L’impegno dell’Europa per i cambiamenti climatici rimane invariato: è ancora obbligatorio ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 per cento nel 2030 e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, in linea quindi con la legge europea sul clima… almeno sulla carta e con l’ipocrisia che caratterizza ogni contraddizione con gli obiettivi di ecologia integrale.

A votare contro l’inclusione delle due fonti energetiche in tassonomia sono stati 278 eurodeputati. La maggioranza necessaria per bloccare il progetto della Commissione guidata da Ursula von der Leyen era fissata a 353. Greenpeace ha annunciato che intraprenderà un’azione legale contro la Commissione europea. L’associazione ambientalista ha specificato che prima richiederà formalmente una revisione interna. Se il risultato di questa sarà ancora negativo, allora la causa verrà presentata davanti alla Corte di giustizia europea. Ora la discussione passa al Consiglio europeo. Se neanche il Consiglio respingerà la mozione, l’atto delegato sulla tassonomia entrerà in vigore il 1° gennaio 2023. Anche l’associazione “A Sud” ha promosso una campagna legale contro lo Stato italiano, intitolata Giudizio Universale, accusandolo di inazione nei confronti della crisi climatica in corso.

La maggioranza “Ursula” si è però spaccata a metà e anche quella che in Italia sostiene il governo Draghi è divisa. A votare per il rigetto dell’atto delegato sono stati Verdi, Sinistra e S&D. Per mantenere l’atto delegato hanno votato invece Ppe, Ecr, Id e la maggioranza del gruppo Renew. I voti in dissenso nel Ppe sono stati 36, quelli nei socialisti 21.Tra gli italiani Pd (compatto nel voto), M5S e Verdi hanno votato per il rigetto, FI, Fdi, Lega e Iv hanno invece votato a sostegno.

In assenza di una politica che sappia davvero ascoltare e dare seguito alle istanze ambientali, la strada giudiziaria è sempre più percorsa. Ma affinché la partita non sia chiusa occorre una volontà politica degli stati e dei governi, sorretta da una coscienza popolare e da un vasto movimento politico che non si rassegni a sopportare che profitti, capitale e riarmo soffochino le prospettive di vita e l’urgenza di cura del pianeta. Un folto gruppo di ragazze e ragazzi presidiava da due giorni il parlamento a Strasburgo. E’ ora che una adeguata mobilitazione calchi anche le vie e le piazze di un Paese dalle cui montagne si staccano inesorabilmente i ghiacciai.

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