Eugenio Cappuccio è un grande regista, anche se ha realizzato appena una mezza dozzina di film. E’ anche un mio amico, coetaneo, nonché indimenticato argutissimo compagno di corso al Centro Sperimentale di Cinematografia in anni lontani. Il caricatore, il suo esordio cinematografico, si rivelò fulminante, spiritoso, carico (è il caso di dire) di un sarcasmo gentile nei confronti della generazione che ci rappresentava.

Oggi il suo sesto lungometraggio per le sale, La mia ombra è tua conferma le qualità visionarie di Eugenio, che portando sullo schermo la storia del libro di Edoardo Nesi ci offre una visione leggera, a tratti pensosa, mai pedante, con immagini meravigliose e una ariosa macchina da presa che magicamente fluttua, vibra, respira, dettaglia, apre, circoscrive.

Detto questo di Eugenio, c’è da parlare degli interpreti del film, il giovane Giuseppe Maggio e l’eterno Marco Giallini. Già, Giallini… Giallini candidato sei volte ai David di Donatello, il Rocco Schiavone della tv, l’attore di 50 e passa film, di 40 e passa serie, Giallini è a teatro, è al cinema, è in tv, è ovunque. Non che questo possa essere un demerito, certo. Ci sono fior di attori che hanno ricoperto i ruoli più disparati, da Anthony Hopkins a Joaquin Phoenix, da Billy Bob Thornton a Jude Law rimanendo sempre personaggi interpretati più che credibili. Purtroppo non posso dire altrettanto del laborioso Giallini, il quale – preciso – mi è più che simpatico. Giallini però è sempre Giallini, qualsiasi ruolo interpreti. Bravo, per carità, espressivo, intenso, profondo, ma… Giallini.

E’ questo a mio avviso il neo principale di questo bel film di Eugenio, il non essersi saputo (o potuto) liberare dell’ingombrante presenza di Giallini per fare spazio all’interessante personaggio dello scrittore bloccato da anni al suo primo e unico libro. Impietoso diventa il paragone con una storia analoga a quella di La mia ombra è tua, e cioè l’indimenticabile Scoprendo Forrester (Gus Van Sant, 2001), nel quale Sean Connery, altro attore feticcio super connotato da se stesso, si trasforma davvero nel Salinger-Forrester, scrittore in disarmo dopo un unico successo planetario. L’onnipresente Giallini invece non supera mai l’ombra di se stesso per di più trascinando a tratti anche Giuseppe Maggio in scivolate da commedia all’italiana superflue, assolutamente non necessarie al film di Eugenio, dalla regia raffinata.

Ma insomma, allora, vale la pena di vedere La mia ombra è tua? La risposta è un deciso sì, perché nel complesso il film è divertente, disimpegnato, estivo, ingenuo, con l’occhio di Eugenio Cappuccio a contemplare costantemente il suo grande riferimento cinematografico, Federico Fellini. A lui, anche in questo lavoro, è dedicato un autentico messaggio di amore. Scopritelo!

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