Leggero, già: come il suono di uno shamisen, che sembra accompagnare ogni suo movimento e per la verità ogni suo momento. Non come Nakata, decisamente più “J–Rock”, per intenderci: una “leggerezza” che per Shunsuke Nakamura diventa quasi leggiadria, intorno a cui ruota tutta la sua carriera. Nato a Yokohama, con nome e cognome che significano all’incirca “Aiuto geniale nel villaggio di mezzo”: quasi profetico. Ma non ha problemi a spostarsi da Yokohama se il calcio glielo chiede: passa alla High School di Kawasaki quando è un ragazzino di 15 anni, e vince il torneo scolastico risultando, peraltro, Mvp… eh sì, ricorda parecchio Holly e Benji. A Yokohama torna nel 1997 per le giovanili, ma in realtà in panchina c’è una vecchia volpe come il basco Xabier Azkargorta: spalle larghe, con sopra impresse esperienze come la guida dell’Espanyol, del Valladolid, del Siviglia, della Bolivia portata per la prima volta a un Mondiale, del Cile e poi sedotto dal Sol Levante.

Altro che giovanili: quel ragazzo di 18 anni col sinistro fatato deve stare proprio nel “villaggio di mezzo”, assieme a Julio Baldiveso, portato dalla Bolivia, alla grinta di Goikoetxea e al dinamismo di Endo, con davanti Julio Salinas. Shunsuke realizza cinque gol. Quando sulla panchina arriva Antonio De La Cruz, sempre dalla Spagna, diventa titolare e inizia a segnare con regolarità: nove gol alla seconda stagione, sette alla terza con Ardiles alla guida che gli dà consigli preziosi, tanto da fargli conquistare anche la maglia della nazionale maggiore nel 2000, a soli 21 anni. Titolare nel Giappone che vince la coppa d’Asia nel 2000, Shunsuke pensa sia assolutamente lecito aspettarsi di giocare lo storico Mondiale del 2002 accanto al pubblico amico: ma il ct Troussier lo esclude, “troppo leggero”. Per Nakamura la delusione è grande e a quel punto comincia a riconsiderare ciò che ha intorno: a partire dalla comfort zone di Yokohama.

In realtà quel ragazzo piace a molti: a centrocampo si muove come un haiku, non veloce, ma capace di accelerare e lasciare di stucco l’avversario per passarlo in dribbling, e ha un sinistro che è una vera e propria katana. Avrebbe per lui un’opzione addirittura il Real Madrid, ma il più lesto di tutti è un italiano, e la trattativa è di quelle che ricalca la bellezza della provincia calcistica. L’intuizione, nel 2002, è di Lillo Foti, patron della Reggina: lo seguiva già da tempo, avendone intuito l’enorme potenziale. Quando comprende che può farcela si fionda sul calciatore: nell’incontro a Reggio il sigaro del presidente mette in seria difficoltà l’entourage del centrocampista, che viene messo ancor più in difficoltà quando Foti pretende di parlarci da solo, in rigorosissimo dialetto calabrese, facendogli un discorso motivazionale basato sull’essenzialità degli attributi, chiaramente non così definiti, per giocare in amaranto. Discorso che evidentemente, e non si sa come, coglie nel segno, perché Nakamura accetta e per 3,5 milioni di dollari diventa un giocatore della Reggina.

Nelle prime cinque gare tra Coppa Italia e Campionato mette a segno quattro gol: al Taranto su azione in Coppa, all’Inter e al Como su rigore e al Brescia su punizione, di fronte al suo idolo Roberto Baggio. In totale realizza sette gol alla prima stagione in A, sempre tra rigori e punizioni, di cui una, stupenda, contro la Roma. A Reggio scoppia la Naka–mania: il pubblico è pazzo di quel ragazzo. La seconda stagione però non è positiva: funestato dagli infortuni Nakamura realizza solo due gol, entrambi contro il Brescia. Alla terza, sulla panchina amaranto arriva Walter Mazzarri, che descriverà quel ragazzo come una spugna per quel che riguarda schemi e movimenti: il mister gli fa i disegni per bypassare le difficoltà linguistiche e fargli capire dove stare in campo… per vedere Nakamura tornare per dire che lui i movimenti li faceva bene, i compagni no, li sbagliavano e a quel punto lui doveva muoversi in base agli errori dei compagni. Ma pur essendo una stagione molto positiva per la Reggina, decima in campionato, Nakamura realizza solo due gol, seppur pesantissimi, che regalano sei punti contro Palermo e Chievoverona.

A quel punto Shunsuke decide di cambiare aria: ha molti top club che lo vogliono, in Spagna, in Germania, in Inghilterra, ma alla fine lui sceglie il Celtic. Qui giocherà ai più alti livelli della carriera, vincendo in Scozia e firmando imprese memorabili come la qualificazione agli ottavi del 2007, con un gol su punizione contro il Manchester United che l’Uefa inserirà tra i più belli della Champions. Per Gordon Strachan, ex allenatore dei biancoverdi, è stato l’ultimo grande giocatore del Celtic: “Un genio: riusciva a vedere cose che gli altri non vedevano”. Dopo 4 stagioni passa all’Espanyol, ma è un’esperienza pressoché anonima, e allora torna a Yokohama, dove tutto era iniziato, dove non aveva mai vinto nulla: riesce nel 2013, a 35 anni e al termine di una stagione sontuosa, a vincere la Coppa dell’Imperatore. Ma all’epoca era un giovanotto: già, perché gioca ancora Nakamura, allo Yokohama Fc, non più ai Marinos, per un periodo assieme all’altro vecchietto Kazuyoshi Miura, che intanto ha cambiato squadra. Nakamura oggi compie 44 anni: negli ultimi tre mesi ha giocato poco, tre spezzoni di partita, ma regalando un assist vittoria… ancora un aiuto geniale, seppur non più al centro del villaggio come prima.

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