di Carmelo Sant’Angelo

Dopo quasi 24 ore di silenzio dalla diaspora dimaiana, l’intervento del presidente dei 5 stelle, nella trasmissione Otto e mezzo, era molto atteso. Le aspettative erano mal riposte perché il presidente Giuseppe Conte è rimasto coerente al suo tratto. Il Veermer della politica italiana non ha lesinato sfumature di colore intermedie usando tutte le nuances ricavabili dalla tavolozza del suo eloquio. Ma lo schermo televisivo non è una tela e lo spettatore non apprezza le sfumature, così come non le ama l’intervistatrice, che non riesce ad ottenere una risposta chiara. Il presidente, persona perbene ed affabile, riceve attestazioni di affetto nelle piazze, ma non riesce a bucare il teleschermo. È un mezzo che non gli è congeniale, come dimostrano: il suo eloquio infiorettato da frastornanti parentetiche; i lunghi preamboli; la pretesa di condurre un ragionamento facendo lo slalom tra le continue interruzioni verbali; lo sguardo fisso sull’interlocutore, di rado rivolto alla telecamera.

“La tv è la gomma da masticare degli occhi”, come aveva capito, con felice intuizione, Frank Lloyd Wright (morto nel 1959).

Chi guarda la tv non ha la stessa predisposizione di chi partecipa a una lezione universitaria, la stessa concentrazione di chi studia un manuale di diritto, lo stesso grado di conoscenza di chi attinge informazioni da più fonti. È necessario, pertanto, catturare l’attenzione dello spettatore con frasi brevi, chiare e incisive. A mio avviso, il presidente Conte avrebbe dovuto dire le seguenti semplici cose: “C’è chi continua ad essere il portavoce degli elettori e chi, invece, ha deciso di diventare il portavoce del premier. C’è chi si batte per tutelare il risparmio delle famiglie e chi preferisce tutelare il banchiere centrale. C’è chi difende il potere d’acquisto delle famiglie e chi difende il potere bellico della Nato. C’è chi rispetta il mandato ricevuto dagli elettori e chi lo tradisce. C’è chi cerca di radicarsi nelle periferie e chi cerca di occupare il centro. C’è chi intende dare voce a chi non ce l’ha e chi decide di farsi megafono dell’establishment. Auguro le migliori fortune al ministro degli Esteri ricordandogli di versare gli arretrati e la penale prevista per i voltagabbana. Questi soldi andranno direttamente alle famiglie più bisognose dei territori di provenienza dei parlamentari che hanno abbandonato il Movimento. Nei prossimi giorni, infine, chiameremo la base ad esprimersi sulla regola del doppio mandato e sulle restituzioni imposte agli eletti Cinquestelle”.

Destinando le somme dovute ai poveri di Pomigliano e non al partito, la sottrazione di Luigi Di Maio apparirà moralmente più riprovevole. Per quanto attiene alle due ultime regole interne, è indubbio che esse sono risultate decisive per un esodo che si è rivelato più largo delle aspettative. Le regole interne devono aiutare a creare il consenso, ma non devono essere autolesioniste.

Senza scomodare McLuhan, il presidente Conte dovrebbe tenere a mente che imparare a comunicare è ben differente dal parlare per dire qualcosa, ma significa soprattutto conoscere e sapere utilizzare il mezzo di comunicazione. Se il mezzo di comunicazione viene sfruttato bene, allora diviene più importante del messaggio stesso. Un messaggio ben costruito e trasmesso con il mezzo idoneo può essere vincente. Sono pienamente consapevole che le domande complesse richiedano un minimo di ragionamento. In tal caso sarebbe meglio rispondere in maniera netta ed elencare, di seguito, didascalicamente, le eccezioni e/o le condizioni (magari aiutandosi con le dita, come ha insegnato Sua Emittenza). Questi spazi televisivi sono costruiti per respingere ogni ipotesi di ragionamento. La prossima volta, mentre le spennellano il viso prima della diretta, caro presidente, pensi a Matteo 5, 17-37: “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno”.

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