“Qualcuno non crede più nelle regole del gioco? Che lo dica con coraggio e senza espedienti”. Beppe Grillo interviene nel dibattito interno ai 5 stelle per blindare la regola sul limite del doppio mandato. E lo fa per la seconda volta in pochi giorni con un’uscita delle sue: un post da dieci righe pubblicato sul suo blog. Uno scritto pieno di paragoni e allegorie in cui non cita direttamente il divieto di candidarsi per la terza volta. Ma invita chi non è più d’accordo con “le regole del gioco” a deporre “le armi di distrazioni di massa“. Una frase che sembra far riferimento alla faida esplosa all’interno del Movimento e che contrappone Luigi Di Maio alla linea politica tenuta da Giuseppe Conte sulla guerra in Ucraina. In questo senso, dunque, la posizione che ha deciso di prendere Grillo appare chiara.

D’altra parte il fondatore del M5s ha deciso d’intervenire sulla questione nel giorno in cui Mario Draghi in riferisce al Parlamento in vista del prossimo Consiglio Ue. Mentre proseguono le trattative in maggioranza per capire cosa scrivere nella risoluzione da mettere ai voti dopo l’intervento del premier, Grillo pubblica il suo post sul blog con il quale non si esprime– almeno formalmente – su questioni di politica estera. Ma blinda per la seconda volta in pochi giorni la la regola che pone il limite dei due mandati per gli eletti. E, vista la situazione, blinda implicitamente la posizione di Conte sia all’interno dei 5 stelle – nel botta e risposta con Di Maio – che all’esterno, cioè nei rapporti col governo. Ma andiamo con ordine.

Come incipit del suo post – intitolato “Dictyostelium” che è un genere di amebe – Grillo usa una frase allegorica:”La luce del sole è il miglior disinfettante. Luce sia, dunque, sulle nostre ferite, sulla palude e sull’oscurità”. Poi ecco la frase più importante di tutto il breve intervento: “Qualcuno non crede più nelle regole del gioco? Che lo dica con coraggio e senza espedienti. Deponga le armi di distrazione di massa e parli con onestà“. Quindi Grillo paragona il M5s alla Apple: “Quando il MoVimento fece i primi passi Steve Jobs chiese agli studenti di Stanford di accettare la morte come agente di cambiamento della vita e disse loro ‘ora il nuovo siete voi, ma un giorno non troppo lontano da oggi, diventerete gradualmente il vecchio e verrete spazzati via. Scusate se sono così drastico, ma è vero’. La sua Apple è oggi diventata la più grande impresa del mondo e la Silicon Valley resta la culla dell’innovazione tecnologica. Ma nella vicina Arizona c’è anche una foresta pietrificata da milioni di anni”.

Quindi la chiusa che vale più di mille sentenze: “Siamo tutti qui per andarcene, comunque, ma possiamo scegliere di lasciare una foresta rigenerata o pietrificata“. Tradotto: il fondatore non intende derogare alla regola del tetto dei due mandati. In questo modo, dunque, si schiera pure dalla parte di Conte, che nei giorni scorsi aveva replicato alle accuse di Di Maio ricordando che a giorni il Movimento avrebbe votato sul mantenimento del limite del doppio mandato: “E quindi – spiegava l’ex presidente del Consiglio – che questo diventasse motivo di fibrillazione era prevedibile, perché riguarda anche le sorti personali di tantissime persone che nel Movimento si sono impegnate”. Insomma: gli attacchi del ministro degli Esteri e dei parlamentari a lui vicini si spiegano solo con la paura di dover dire addio alla politica tra pochi mesi.

Entro fine giugno infatti, gli iscritti saranno chiamati a esprimersi sulla necessità o meno di rivedere la norma interna, e tra le fila degli eletti è già scattato il panico: ufficialmente nessuno ha ancora preso posizione per la deroga (almeno non in maniera netta) e in coro la maggioranza difende “i principi originari”, ma tutti sperano che all’ultimo si trovi un escamotage per ripescare “i migliori”. L’ultimo ad aver usato parole ambigue è stato Di Maio che ha accusato il Movimento di “radicalizzarsi all’indietro”. Ecco che allora, in questo clima di tutti contro tutti, il post sul Blog di Beppe Grillo arriva come un macigno: la regola dei due mandati non si tocca. E chi non è d’accordo dovrebbe dirlo apertamente senza usare “armi di distrazioni di massa”. Che poi questo post arrivi proprio nel giorno in cui in Parlamento si potrebbe parlare proprio le armi da mandare all’Ucraina è l’ennesimo gioco di parole del fondatore M5s.

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Dopo le tensioni la maggioranza trova l’accordo sulla risoluzione: ok del Senato con 219 sì, 20 no e 22 astenuti. Nel testo riferimento alle armi, al coinvolgimento delle Camere e al decreto Ucraina

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