Non solo Il sorpasso. Ma neppure “solo” Il conformista, o Z – L’orgia del potere, o Film Rouge, o Un uomo, una donna, ovvero tutte le opere che l’amico Claude Lelouch l’ha chiamato a interpretare, fino all’ultima, I migliori anni della nostra vita, nel 2019. Ecco, da quel “finale” offertogli dal regista parigino indietreggiamo un paio d’anni, verso quel Happy End che Michael Haneke gli aveva cucito addosso, ma ancor meglio verso quel capolavoro che porta il titolo di Amour, che lo stesso autore austriaco aveva realizzato nel 2012 aggiudicandosi Palma d’oro e Oscar da miglior film straniero.

Ecco. Torniamo a quell’uomo anziano, fatto di dolore prima sommesso (Amour) e poi sommerso (Happy End), che assiste la compagna di una vita – vittima di un improvviso ictus – dolcemente verso la morte. E poi ne rielabora il lutto silente, con i figli nevrotici, guardando e perdendosi nel mare. Forse. Appunto in Happy End, ironicamente parlando. Pensiamo a quel personaggio doppiamente interpretato per il genio di Haneke che Jean-Louis Trintignant mette in scena con la naturalezza di una Verità visibile a pochi, pochissimi sguardi. Il volto grave, afflitto, dolce, che guarda all’infinito ma non perde di vista l’istante, la bellezza, il senso delle cose. Il significato dell’esistere.

Mi piace ricordarlo anche così Jean-Louis, maestro di sottrazioni, corpo camaleontico perché sempre simile a se stesso e quindi “adattabile” a scenari diversi, di una bellezza discreta, imperfetta, occhi veri, sorriso mai banale. L’uomo qualunque, l’attore sublime. Ci mancherà.

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