La premier mondiale che va in scena alla Carnegie Hall di New York la sera di venerdì 10 giugno 2022 è un brano a tratti, solo a tratti, dal sapore tardo romantico, perché quelle di Sarah Kirkland Sneider, compositrice americana tra le più eminenti della sua generazione, sono continue pennellate, affreschi che citano mondi fra loro lontanissimi: suggestioni debussyane si alternano, tra gli altri, a puri momenti di ostentata atonalità e a brevi tracce politonali, incroci che abbracciano un arco temporale di circa un secolo di storia musicale, che contemplano le spinte più
avanguardiste affiancandole però ai padri del Novecento musicale. Opera, Forward into light, facente parte di un più ampio progetto, Project 19, un insieme di 19 nuovi lavori affidati da 19 diverse compositrici alla New York Philharmonic Orchestra al fine di celebrare il 100esimo anniversario del 19esimo emendamento, quello che, entrato in vigore nel lontano 1920, consegnava alle donne americane il diritto di voto.

La Sneider, già celebre per la concezione di lavori ruotanti intorno a importanti figure femminili, come già nel 2015 con la sua Penelope, ciclo orchestrale nel quale il punto di vista omerico non è più quello di Ulisse bensì quello della paziente, caparbia e irriducibile compagna, ha dunque tratto ispirazione, nella stesura del suo lavoro, dalle suffragette Elizabeth Cady Stanton e Susan B. Anthony: “Ho scritto la musica – ha affermato la Sneider a riguardo – pensando a cosa significhi credere in qualcosa così profondamente da essere disposti a sopportare molestie, privazioni, aggressioni, incarcerazioni, fame, alimentazione forzata, minacce di morte e pericolo di vita e al solo scopo di combattere per quel qualcosa”.

Una voce, quella delle suffragette, quella dei diritti di genere, che prende corpo all’interno di Forward into light grazie al coro femminile a cui la compositrice affida la Marcia delle donne, l’inno del movimento suffragista composto nel 1910 dalla suffragetta e compositrice britannica Dame Ethel Smyth su parole di Cicely Hamilton: particolarmente suggestiva la trama politonale che in questa occasione, e in chiusura d’opera, viene a realizzarsi tra il coro e l’orchestra, contrappuntando quest’ultima le voci da un altrove armonicamente indefinito quasi fosse lì a incarnare le forze ostinate e contrarie al movimento per i diritti civili e politici delle donne.

Il pubblico gradisce, tributando alla Sneider un lunghissimo applauso, quasi un fraterno abbraccio che la costringe tre volte alla ribalta. Subito a seguire l’orchestra newyorkese si vede impegnata con l’unico concerto per violino composto da uno dei più rappresentativi volti musicali del Novecento americano, Samuel Barber, il compositore troppo spesso noto per il solo, celeberrimo Adagio per archi: il Concerto per violino op. 14 segue di appena tre anni, nel 1941, il famosissimo Adagio, quello la cui premier radiofonica, diretta da Arturo Toscanini nel 1938 alla guida della NBC Symphony Orchestra, aveva consegnato il compositore alla popolarità. Il Concerto offre al violinista di turno pezzi di bravura, specie nel terzo e ultimo movimento, il Presto in moto perpetuo, tali da consentire al virtuoso di far gran sfoggio delle proprie abilità: a confrontarcisi solisticamente è stata per l’occasione Hilary Hahn, la violinista ben tre volte vincitrice dei Grammy Awards a seguito di cinque diverse nomination.

A chiudere definitivamente la serata, nonché la stagione della New York Philharmonic Orchestra, è la prima prova sinfonica del compositore austriaco Gustav Mahler, quella Sinfonia n. 1, precedentemente concepita come poema sinfonico, che apre sul risveglio di una natura statica, irreale benché subito minacciata dal quell’iconico tema di 6 sole note prima annunciato dai legni e poi ripreso dagli archi: è questa certamente una di quelle pagine sulle quali i musicisti della New York Philharmonic possono dar prova di un suono, il loro, strabiliante, complici la cristallina direzione di Jaap van Zweden, il direttore d’orchestra olandese che dal 2018, dopo l’esperienza durata sei anni alla guida della Hong Kong Philharmonic Orchestra, ha l’onere e l’onore di dirigere questa strepitosa orchestra, e, non ultima, quella che è certamente una delle migliori acustiche al mondo, l’Isaac Stern Auditorium della Carnegie Hall di New York.

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