Cavallino-Treporti non è una sperduta località del territorio veneto: si trova a ridosso della spiaggia più grande d’Europa, il litorale di Jesolo, stretta fra le dune di sabbia e la laguna di Venezia. Ebbene, il pensionamento di un medico di base (avvenuto ad aprile) e il trasferimento di un secondo camice bianco hanno creato un’emergenza, un vuoto di servizio, con il risultato che una parte dei pazienti sono costretti a percorrere fino a 20 chilometri per farsi visitare. “E’ l’ennesimo disastro della sanità veneta – commentano i consiglieri regionali del Pd Francesca Zottis, Jonatan Montanariello e Anna Maria Bigon – La vicenda dimostra l’assoluta necessità di trovare, soprattutto per i luoghi più difficili da raggiungere, quei meccanismi incentivanti in grado di evitare fughe dei medici di medicina generale e mancati avvicendamenti. Siamo di fronte alla colpevole, mancata programmazione e valorizzazione dei territori più disagiati da parte della Regione”.

Intanto ad Agna, in provincia di Padova, il paese è senza medico. Il sindaco è stato costretto a lanciare un appello a tutta Italia e ha raccolto la disponibilità di un medico di Roma, prossimo alla pensione. Accade anche questo nel Veneto leghista. I due casi, paradossali per una sanità che ingoia 10 miliardi di euro all’anno, cadono nel bel mezzo di un’emergenza regionale, con alcune decisioni della giunta del governatore Luca Zaia, ratificate dal consiglio regionale nonostante le minoranze abbiano tentato di opporsi. Qualche anno fa il Veneto aveva 3.100 medici di famiglia, ora è sceso a 2.884 per via dei pensionamenti. Ma le sedi vacanti sono 500. Come far fronte alla mancanza di medici di base e ospedalieri? Le opposizioni avevano messo alle strette la giunta regionale, chiedendo il ritorno in commissione di un provvedimento che puntava sull’utilizzo dei “dottorini”, i laureati, fin dal primo anno di specializzazione. A sorpresa anche la Lega aveva votato per un ripensamento. Poi però la riflessione non c’è stata.

La giunta Zaia e l’assessore alla Sanità Manuela Lanzarin hanno ottenuto dal consiglio regionale l’approvazione del pacchetto così com’era stato presentato. Tutte le proposte delle minoranze, che recepivano le richieste dei sindacati dei medici, sono state respinte da Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. I medici iscritti ai corsi di formazione in medicina generale potranno occuparsi già dal primo anno, con incarichi temporanei, di un numero fino a 1.000 assistiti in convenzione (in precedenza si arrivava a 650 pazienti per gli incarichi temporanei), cifra elevabile a 1.200 assistiti per i medici al secondo e terzo anno della formazione. Inoltre, le ore di incarico temporaneo saranno pagate in aggiunta alla borsa di studio e avranno un riconoscimento come attività pratica valida ai fini del titolo formativo.

La censura è venuta da tutto il Pd, con in testa la vicepresidente della commissione sociosanitaria, Anna Maria Bigon: “La decisione a scatola chiusa rappresenta una grave mancanza di rispetto delle voci autorevoli di operatori sanitari e categorie, raccolte nelle audizioni, ma poi ridotte sostanzialmente a carta straccia, al silenzio e all’inutilità. Gli interventi degli esponenti delle categorie avevano espresso forti perplessità sulle misure proposte dalla giunta regionale”. C’è un problema di programmazione generale e di misure concrete. Il Pd: “Da anni si commette un grave errore di sottovalutazione del problema e di disattenzione riguardo alla necessità di costruire davvero, e non sulla carta, una rete di servizi territoriali e di medicina integrata che avrebbe consentito di sopperire alle carenze”. Vanessa Camani, del Pd: “Chiedevamo di consentire ai medici in formazione di fruire di supporto e tutoraggio anche nello svolgimento dell’incarico temporaneo come medici di medicina generale. Chiedevamo anche di evitare l’inserimento dei medici al primo anno di specializzazione all’interno dei reparti di emergenza-urgenza. Nulla di questo è stato accolto”.

Replica della Lanzarin: “I giovani medici iscritti alla Scuola di formazione specifica in medicina generale che decideranno di entrare nel sistema sanitario territoriale, durante la formazione saranno inseriti tutti, nessuno escluso, in un sistema di tutoraggio che li supporterà nel cammino formativo e professionale. Anche il Comitato Scientifico della Scuola di Medicina Generale ha previsto la formulazione di percorsi di tutoraggio a tutela del percorso formativo. Così allentiamo la tensione sul fronte della carenza di medici, che è una priorità assoluta”.

Di fronte agli attacchi il direttore generale della Sanità veneta, Luciano Flor, spiega, riferendosi soprattutto agli ospedali: “Nel Veneto, il numero dei medici oggi in servizio è superiore di oltre 180 unità a quello di fine dicembre 2019. Noi continuiamo a fare i concorsi per arruolare ulteriore personale medico e continuiamo a utilizzare istituti contrattuali come l’attività aggiuntiva e le convenzioni tra aziende per coprire i servizi”. Ci sono concorsi che però non arrivano a coprire i posti offerti. Forse perché i medici sono poco pagati? Risposta di Flor: “Ribadisco che il Veneto non è la regione che paga meno i medici come qualcuno sostiene. In 13 regioni italiane sono pagati meno che da noi. Ci sono 13 regioni italiane in cui la fuga dei medici dagli ospedali è superiore a quella che si registra nella nostra. Non abbiamo mai negato le criticità nel reperire i medici. Certamente quando non abbiamo alternative siamo costretti a ricorrere a esternalizzazioni, che hanno come unica finalità il mantenimento dei servizi”.

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