Non si ferma la fase di difficoltà dei listini. Anche oggi Wall Street è stata a lungo in rosso con l’S&P500 (l’indice azionario che raggruppa le prime 500 aziende quotate) in calo fino al 2% e il Nasdaq di oltre il 3%, salvo poi recuperare la parità. Il Nasdaq è stato zavorrato da Tesla arrivata a perdere oltre il 10%. Le notizie su abusi sessuali commessi da Elon Musk, smentite dall’imprenditore, non aiutano di certo ma sono settimane che il titolo del produttore di auto elettriche è in sofferenza. Da inizio anno il valore delle azioni si è quasi dimezzato. Rispetto ai massimi toccati lo scorso 3 gennaio l’indice S&P500 è in discesa del 20%, cifra che, per gli appassionati, sancisce l’ingresso del mercato in una fase “orso” ossia ribassista. Continuano a scendere anche le valute digitali. Il bitcoin arretra di oltre il 4% e si avvicina alla soglia dei 27mila dollari. In questa fase le criptovalute hanno evidenziato una stretta correlazione con gli indici azionari, Nasdaq in primo luogo, caratteristica che ne sconfessa il ruolo di investimenti alternativi e difensivi rispetto alla borsa.

Negli ultimi giorni è salito invece il valore dei titoli di stato decennali statunitensi (e quindi scende il rendimento che è fisso in valore assoluto ma espresso come percentuale del valore del titolo). Significa che il denaro si sta spostando verso asset più sicuri. Movimento destinato a rafforzarsi man mano che la banca centrale statunitense alzerò i tassi di interesse. Un titolo di Stato statunitense è considerato almeno in teoria un prodotto “a rischio zero”. Se i suoi rendimenti salgono viene meno la necessità di caricarsi rischi investendo in prodotti più rischiosi. Il dollaro guadagna un altro 0,4% nei confronti dell’euro, la parità non è poi così lontana. Anche in questo caso il valore della valuta statunitense è sostenuto dalla stretta della Federal Reserve che, di fatto, riduce la quantità di dollari in circolazione e quindi li rendi più “costosi”. Rublo ancora in rafforzamento: + 1,8% sul dollaro a 1-61, livello più alto da 5 anni.

Articolo Precedente

L’Italia si appresta a superare l’Olanda come primo importatore di petrolio russo. Ma la colpa è paradossalmente delle sanzioni Ue

next