Il flop è conclamato e adesso anche dentro il governo c’è chi spinge per provare ad accelerare. Perché i dati raccontano come la mortalità da Covid sia ormai concentrata in quella fascia di età. Il primo mese di scarsa adesione alla campagna per la seconda dose booster tra gli over 80, i fragili e gli ospiti delle Rsa preoccupa il ministro Roberto Speranza, pronto a ricordare come tornare a vaccinarsi per la quarta volta “significa salvare vite”. Eppure, secondo il ‘contatore’ pubblico del governo, finora solo 362.178 persone che rientrano nella platea di coloro che possono fare il secondo richiamo, avendo ricevuto la dose booster da almeno 4 mesi, si è sottoposto alla nuova inoculazione. Significa appena l’8,19% dei vaccinabili tra over 80, fragili e ospiti delle Rsa. E anche nella popolazione immunocompromessa non va molto meglio, con 160.531 quarte dosi tra coloro che hanno ultimato il ciclo vaccinale da almeno quattro mesi. Ne mancano all’appello 8 su dieci. Troppo poco. Ma perché?

Una spiegazione, almeno parziale, la fornisce lo stesso Speranza. In sostanza facendo autocritica e allo stesso tempo rilancia: “In tutte le occasioni pubbliche che ho faccio appello alle persone più fragili di avere un secondo booster. Le autorità scientifiche lo hanno raccomandato per coloro che hanno più di 80 anni, vivono in una Rsa o hanno condizioni di fragilità. È importante informare ancora. E la comunicazione ha un ruolo importante perché questa fase ulteriore di vaccinazione non è secondaria, proteggendo i più fragili”. Il ministro della Salute ha quindi sottolineato come i dati della mortalità segnalano che è “essenzialmente connessa” all’età avanzata, con una media che “oscilla tra gli 83 e gli 85 anni”. In altre parole, ha sintetizzato il titolare della Salute: “Far fare il secondo booster vuol dire salvare delle vite. Dobbiamo ancora lavorare perché ci sia ancora una comunicazione corretta sul piano istituzionale”.

Essendo ancora “dentro la battaglia della pandemia”, ha aggiunto Speranza, i “numeri devono necessariamente crescere”. Il motivo? Secondo il ministro un ruolo lo ha giocato anche l’invasione dell’Ucraina: “La guerra ha quasi sostituito la pandemia sul piano comunicativo, come se dal 24 febbraio d’un tratto non ci fosse più la pandemia ma solo la guerra. Questo produce maggiore difficoltà a lanciare messaggi, ma ci sono ancora persone che purtroppo perdono la vita”. E ha quindi chiesto anche allo Spi Cgil, il sindacato dei pensionati, per diffondere l’invito alla vaccinazione sul territorio perché “serve ancora uno sforzo”. Ma finora il governo cosa ha fatto di specifico? Non c’è stata una campagna televisiva ad hoc per la quarta dose, con l’ultimo spot per la vaccinazione che risale a gennaio.

La fine dello stato di emergenza ha inoltre spostato ancora di più l’organizzazione della campagna verso le Regioni. E come evidenziava l’ultimo report della Fondazione Gimbe, datato 5 maggio, ci sono “inaccettabili diseguaglianze” territoriali. Dati che “dimostrano” da un lato “l’efficacia delle strategie di chiamata attiva” e dall’altra” l’immobilismo organizzativo della maggior parte delle Regioni”. Con dati aggiornati al 4 maggio, l’Emilia-Romagna è l’amministrazione con la quota più alta di over 80 raggiunti (11,1%), seguita da Piemonte (10,2) e Lazio (9,1). Sopra il 5% si assestano anche Liguria (8,2), Lombardia (6,7) e Provincia di Trento (5,9). Tutte le altre restano abbondantemente sotto con tre regioni appena sopra il 2 per cento (Molise, Sardegna e Basilicata) e ben quattro – Sicilia, Puglia, Umbria e Calabria – con percentuali che oscillano tra l’1,8 e l’1,6. Numeri striminziti che Roma guarda con preoccupazione in vista del liberi tutti definitivo di metà giugno e della stagione autunnale.

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