Il sogno di una vita: comprarsi una villetta immersa nel silenzio e nel verde della foresta di conifere, a due passi dal fiume e lontano dal caos della capitale. La cintura a nord di Kiev, sulla sponda sinistra del fiume Dniepr, bella e accogliente come una piccola ‘Svizzera’. Un privilegio che in pochi erano riusciti ad avere nella zona sud-orientale di Irpin, ridente e benestante cittadina piombata nell’incubo dell’invasione russa, le cui mire a inizio campagna militare erano l’irruzione trionfale a Kiev da nord e la presa del potere. Irpin è stato l’ultimo baluardo e ha pagato un prezzo altissimo. L’armata russa ha bombardato queste villette dal cielo riducendole in cenere. I cecchini dell’aria hanno distrutto tutte le case sulla destra e lasciando intatte quelle sul lato opposto della strada. In fiamme anche parte della foresta attigua. Tutta questa zona è deserta ora, come tutto il resto della città dove soltanto in questi giorni, a un mese esatto dalla liberazione di Irpin, gli abitanti stanno tornando per valutare i danni e decidere se vale la pena restare. Dati alla mano, l’80% degli edifici di Irpin ha subito danneggiamenti di cui il 20% è totalmente distrutto. Lungo la strada provinciale verso Gostomel, sede dell’aeroporto e delle base Antonov, gli edifici sono crollati come un castello di carte e quelli in piedi sono monconi carbonizzati e o bersagli delle granate. Sembra di stare nella Sarajevo dei tempi dell’assedio. In cima a un palazzo usato come base dai russi poi dato alle fiamme, siamo saliti sul tetto per ‘ammirare’ meglio la desolazione di uno scenario duro da digerire. Sul solaio dello stesso edificio i crateri provocati dalle bombe, lungo la tromba delle scale le immancabili ‘V’ nere dipinte con la vernice dall’esercito occupante prima di battere in ritirata.

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