“Lavoravamo come animali. Dodici ore al giorno trasportando e montando mobili per venticinque giorni al mese, ma sulla busta paga ci segnavano soltanto quattro ore al giorno per sette giorni. Il resto ci veniva dato o in nero o con un bonifico”. Mohammed, Mustafa e Sem sono tre lavoratori della Albrit Logistica, una società che ha in appalto alcuni servizi per Conforama e Arredissima nel settore dei mobili. “Facevamo il facchino, l’autista, il montatore, il falegname e a volte pure il muratore se dovevamo togliere un davanzale per far entrare la cucina” ricorda Mohammed, 37 anni. Lavoravano in squadre di due persone trasportando cucine e mobili in tutto il nord ovest. La giornata iniziava alle sette del mattino: “Caricavamo il furgone e alle otto partivamo. Sapevamo quando iniziavamo ma mai quando finivamo. Non avevamo il tempo neanche di mangiare un panino” racconta Sem. Ogni giorno trasportavano cucine, divani e frigoriferi da oltre cento chili. “Non è facile portarlo sulla schiena per cinque o sei piani – osserva Mustafa – e quando bucavamo la gomma, dovevamo pagarla noi”.

Secondo le loro buste paga avrebbero dovuto lavorare soltanto sette giorni al mese per quattro ore “ma lavoravamo tre volte tanto e la differenza ci veniva data in nero a mano o su bonifico. Così però perdevamo tutti i nostri diritti, la tredicesima, la quattordicesima, le ferie, la malattia. Per loro eravamo solo dei fazzoletti usa e getta e ci dicevano che non ci andava bene quella era la porta”. Quando Mohammad si è infortunato alla schiena con tre ernie si è messo in malattia: “Mi hanno dato 72 euro per 12 giorni, meno di cinque euro al giorno perché in busta paga erano segnate poche ore”. In quel momento ha capito che “così non ci poteva essere futuro” e ha deciso di rivolgersi insieme a due suoi colleghi al legale Raffaele Folino. Quando l’azienda è venuta a saperlo i tre lavoratori non hanno ricevuto lo stipendio: “Abbiamo provato a chiedere spiegazioni ma da quel momento sono scomparsi, nessuno occupava più dell’amministrazione”. I lavoratori tramite il loro legale vogliono andare avanti sia con una causa di lavoro sia in sede penale “perché può configurarsi il reato previsto dall’articolo 603bis per lo sfruttamento del lavoro”.

Ma il caso di questi tre lavoratori non sembra essere isolato. “È solo la punta di un iceberg in questo settore dove le grandi aziende danno in appalto a cooperative e società alcuni servizi come il trasporto e l’assemblaggio – commenta il sindacalista della Filt Cgil Piemonte Luca Iacomino – ma i committenti non possono dire di non sapere quali sono le condizioni dei lavoratori delle aziende. Anzi, sono complici e alimentano questo sistema. Per questo dovrebbero essere chiamate a rispondere in solido con le aziende”. Negli scorsi mesi l’avvocata Caterina Biafora ha seguito diversi casi di lavoratori del settore. Mihai è uno di loro. Lavorava per una cooperativa che trasportava per conto di Mondo Convenienza. Dodici ore al giorno senza pause con un contratto da addetto alle pulizie. “Ma io trasportavo e montavo mobili” racconta l’uomo che ha cambiato azienda quando le condizioni di lavoro sono diventate insostenibili. “Arrivavo a casa distrutto, non avevo la forza di abbracciare mia figlia e la vedevo soltanto un giorno a settimana” ricorda Mihai che ha avuto diversi problemi alla schiena che lo hanno costretto a stare fermo. “Nel 2022 un paese come l’Italia non può tollerare che ci siano ancora dei lavoratori trattati in questo modo – conclude la legale Caterina Biafora – porteremo in sede penale questa battaglia per individuare i responsabili di queste condotte affinché non si verifichino più”.

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