“Non emergerebbero allo stato, sulla base del vigente quadro legislativo, elementi circa eventuali profili di incompatibilità manifesta con il mandato parlamentare”. Con questa motivazione la Giunta delle immunità del Senato ha archiviato la pratica relativa agli incarichi ricoperti da Matteo Renzi presso società di diritto estero. Un dossier aperto e chiuso nel giro di neanche una settimana, nato da una lettera aperta inviata a metà gennaio da un gruppo di ex parlamentari, costituzionalisti e intellettuali – tra gli altri Domenico Gallo, Tomaso Montanari e Nadia Urbinati – alla presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati, chiedendole di “imporre al senatore Matteo Renzi la scelta tra la sua appartenenza al Senato medesimo o ad organismi promozionali di altri stati a cui, per sua ammissione, pure appartiene”.

La missiva è stata inoltrata alla Giunta il 18 febbraio e discussa per la prima volta nella seduta del 20 aprile. Nel resoconto stenografico si legge che Renzi “dichiara di essere membro del Comitato consultivo (Advisory board) dei seguenti organismi: Algebris Policy and Research Forum; Lakestar Advisors GmbH; Royal Commission of Al Ula; Future Investment Initiative Institute”. Il primo, riferisce la vicepresidente M5S Grazia D’Angelo, “è un think tank no profit nato con lo scopo di promuovere e incoraggiare un’economia forte ed equilibrata in Europa. Pubblica report e raccomandazioni su temi finanziari”. La Lakestar Advisors GmbH invece “è una società di investimento a responsabilità limitata che ha sede a Zurigo”. Poi ci sono le due – ormai note – società saudite: il Future Investment Institute, controllato dal fondo sovrano Pif del governo di Mohammed bin Salman, e la Royal Commission of Al Ula (RCU), l’organismo presieduto da bin Salman che vuole trasformare una città desertica in uno dei più grandi progetti green al mondo. E infine la Delimobil, la società di car sharing russa di cui Renzi è membro del consiglio d’amministrazione e di cui però, “da notizie di stampa, risulta che il senatore si sia dimesso in data 24 febbraio 2022”, il giorno dell’invasione dell’Ucraina.

La relatrice riferisce che dall’istruttoria non emergono incompatibilità con il mandato parlamentare, ma che “in seno al Comitato è emersa la proposta di invitare comunque il senatore Renzi a svolgere un’audizione nella sede plenaria per fornire ogni chiarimento ed aggiornamento sulle cariche ricoperte”. A favore della convocazione si schierano Pietro Grasso (Leu), Anna Rossomando (Pd) Lucio Malan (FdI) e Luigi Augussori (Lega), che chiede di “appurare se effettivamente il senatore Renzi si sia dimesso dall’incarico all’interno della società Delimobil Holding Sa”. L’audizione non è necessaria invece per Mattia Crucioli e Gregorio De Falco (Misto) e Nadia Ginetti di Italia Viva. Al termine della seduta il presidente Maurizio Gasparri propone “di prendere personalmente contatti per le vie brevi” con Renzi per chiedergli se si sia effettivamente dimesso da Delimobil: ricevuta risposta affermativa, sei giorni dopo (26 aprile) dichiara “definito ed esaurito” il punto all’ordine del giorno con il consenso dell’intera Giunta. Critico Elio Vito (Forza Italia): “La Giunta del Senato, presieduta da Gasparri archivia il caso Renzi. Quando una Commissione d’inchiesta?“, twitta, richiamando la sua proposta presentata qualche giorno fa di istituire “una Commissione parlamentare di inchiesta sull’esistenza di finanziamenti da parte di Stati esteri o entità a essi riconducibili nei riguardi di partiti o di esponenti politici italiani”.

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