“Il M5S si oppone all’invio di aiuti militari e a controffensive che esulino dal perimetro del legittimo esercizio del diritto di difesa di cui all’articolo 51 della Carta dell’Onu“. Lo ha detto Giuseppe Conte al termine del Consiglio Nazionale del Movimento, tenuto a Roma per discutere della posizione da tenere in Parlamento in vista dell’arrivo di un nuovo decreto sull’invio di armi in Ucraina. L’organismo – che riunisce tra gli altri i vicepresidenti, i capigruppo di Camera e Senato, i ministri 5s e referenti dei comitati – si è riunito in tarda mattinata nella sede di via di Campo Marzio a Roma. “Il no all’escalation militare è la linea del Piave del Movimento”, giura l’ex premier, che annuncia di voler chiedere al premier Mario Draghi e al ministro della Difesa Lorenzo Guerini “di riferire in Parlamento in modo che ci sia piena condivisione dell’indirizzo politico e possibilità di conoscere gli interventi programmatici del governo”. La disposizione dello Statuto delle Nazioni Unite citata da Conte tutela “il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale. “Non vogliamo favorire un’escalation militare ma vogliamo anzi che l’Italia sia protagonista di negoziati diplomatici che portino ad una soluzione politica giusta ed equilibrata”, spiega. “Cercheremo di ottenere una piena condivisione delle nostre preoccupazioni con le altre forze politiche”.

Nella nota diffusa dal Movimento si legge che il Consiglio Nazionale ha deliberato all’unanimità “di confermare la piena e risoluta condanna dell’aggressione militare condotta dalla Russia contro l’Ucraina, perché contraria ai più elementari principi di diritto internazionale, non provocata e non giustificata; di esprimere profonda indignazione per i ripetuti attacchi arrecati dalle forze militari russe alla popolazione e alle infrastrutture civili che contrastano con il diritto internazionale umanitario e configurano crimini di guerra; di confermare la necessità di mantenere un incisivo piano di sanzioni per dissuadere la Russia dal proseguire nell’invasione e, se del caso, di incrementare il livello sanzionatorio con misure ancora più severe”. Ma anche, per l’appunto, “di opporsi all’invio di aiuti militari e di controffensive che possano travalicare le esigenze legate all’esercizio del diritto legittima difesa sancito dall’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite, che rimane obiettivo primario e ragione giustificativa della reazione in corso e “di ritenere che l’Italia debba promuovere tutti gli sforzi necessari, in sede europea, euro-atlantica e internazionale, affinché sia contrastato il rischio di un’ulteriore escalation militare e sia invece favorito il rilancio delle negoziazioni diplomatiche, in modo che il conflitto attuale non deflagri in uno scontro militare di proporzioni sempre più vaste e incontrollabili, ma venga risolto attraverso una soluzione politica, giusta, equilibrata, duratura e pienamente in linea con i principi di diritto internazionale”.

Poche ore prima il garante Beppe Grillo, che la settimana scorsa ha stretto un accordo coi vertici M5s per tornare a occuparsi della comunicazione, sul suo blog aveva pubblicato un post pacifista dal titolo: “La guerra non è più una scelta“. Il fondatore del Movimento ha portato l’esempio delle scelte prese dal Costa Rica, riportando uno stralcio tratto dal libro “Salva la terra o tutti giù per terra” di James Bruges. “Nel 1948 José Figueres, presidente del Costa Rica smantellò l’esercito”, si legge. “I fondi per la difesa furono assegnati all’istruzione e alla sanità. Le banche, le assicurazioni, tutti i servizi di pubblica utilità e le ferrovie furono statalizzati. Furono introdotti una tassa sulla ricchezza e un sistema di sicurezza sociale“. Ma, continua, “non fu un cammino semplice. Gli Stati Uniti cercarono di cacciare Figueres nel 1950 e tentarono per due volte di assassinarlo. Una disputa vecchia di cent’anni col Nicaragua per lo sfruttamento del fiume San Juan s’infiammò nel 1998, ma fu sedata dopo due anni di pazienti negoziati senza ricorrere alle armi. E, cosa significativa, il Costa Rica è l’unico Stato della regione a non essere stato invaso o usato come base dagli Stati Uniti. Ora il Paese è democratico, relativamente ricco e regolarmente nelle prime 50 posizioni dell’Indice di Sviluppo Umano delle Nazioni Unite”. Quindi il libro conclude citando le parole dell’ex presidente, secondo cui “i costaricani hanno coltivato uno spirito di civiltà, antitetico alla militarizzazione e alla violenza, capace di trovare soluzioni pacifiche ai conflitti e rispettose dei diritti altrui. In assenza di armi per mezzo delle quali imporre un’idea, l’unica arma che resta è la ragione. Oggi le persone come me sono pienamente convinte del fatto che uno Stato che organizza un esercito diventa aguzzino di se stesso“.

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