“Mi auguro al più presto la pace. L’equidistanza non è possibile, il popolo ucraino è stato aggredito dai russi e la sua resistenza va sostenuta“. L’intervista al Corriere della Sera concessa giovedì da Liliana Segre non lascia spazio a interpretazioni neutrali. Guardando al passato, spiega la 92enne senatrice a vita, è chiaro “che la pace non si ottiene restando indifferenti o attraverso progressivi cedimenti agli aggressori, ma garantendo una convivenza tra i Paesi basata sul diritto e sul rispetto”. Parole che sembrano appoggiare anche l’invio di armi occidentali all’esercito di Kiev, anche se Segre chiarisce subito di non voler commentare le polemiche sul tema che hanno coinvolto l’Anpi, l’associazione dei partigiani. Parla invece della festa della Liberazione, ricorrenza che nei prossimi giorni avrà un significato particolare: “Sarà un 25 aprile diverso quest’anno in cui la guerra è tornata nel cuore dell’Europa”, dice Segre.

Per lei, sopravvissuta ai campi di sterminio, il 25 aprile ha una duplice valenza. “In quella data, nel 1945, fu liberata la mia Milano. Non ne ho memoria diretta perché ero ancora prigioniera”. Quello stesso giorno, “gli eserciti angloamericano e sovietico si congiunsero a sud di Berlino. Io ero ancora nel lager di Malchow, nella Germania settentrionale, dove ero stata trasferita dai nazisti come ultima tappa della “marcia della morte” iniziata da Auschwitz. Ricordo grande nervosismo tra i nostri aguzzini, mentre noi non capivamo cosa stesse accadendo. Furono alcuni francesi prigionieri dei tedeschi, passando vicino al filo spinato in quei giorni di aprile, a dirci: “Non morite, tenete duro, la guerra sta per finire”.

Sul palco della manifestazione, a Milano, ci sarà anche una donna ucraina: “Condivido la scelta, lo vedo anche come un segno di solidarietà verso i tantissimi anziani, donne, bambini, costretti a lasciare il loro Paese“. Il presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo (che per le proprie posizioni pacifiste ha dovuto rimandare ai vari mittenti l’accusa di “putiniano”) ha inoltre annunciato che nel tradizionale corteo ci saranno anche le bandiere dell’Ucraina. “Del resto”, commenta Segre, “sarebbe difficile in un anno come questo intonare Bella ciao senza rivolgere un pensiero agli ucraini che nelle scorse settimane si sono svegliati e hanno “trovato l’invasor”. Ciò non vuol dire ovviamente essere contro il popolo russo, vittima delle decisioni disumane del suo leader”.

Un altro tema di cui si è discusso in questi gironi è l’istituzione della “Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli Alpini” il 26 gennaio, anniversario della Battaglia di Nikolaevka, in Russia. “Il 5 aprile, quando il Senato ha approvato l’istituzione di questa Giornata, purtroppo ero assente per il Covid“, premette Segre. “Se ci fossi stata, avrei detto che quella data è sbagliata. È vero che nella battaglia di Nikolaevka, in cui si affrontarono le truppe sovietiche e quelle italiane e tedesche in ripiegamento, il sacrificio degli Alpini fece sì che almeno una piccola parte delle forze del Regio esercito rientrasse in patria. Ma fu un’impresa onorevole nel contesto di una guerra disonorevole voluta dal fascismo: l’invasione di uno Stato sovrano, allora l’Urss, al fianco della Germania nazista. Inoltre si arriverebbe al paradosso di ricordare il 26 gennaio una battaglia dell’esercito nazifascista e il 27 gennaio le vittime della Shoah. Non mi capacito”, conclude, “di come si sia potuto scegliere un’impresa compiuta in quella guerra: se il nazifascismo avesse vinto, non ci sarebbe il 25 Aprile. Né la libertà”.

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