Venerdì pomeriggio Greenpeace Italia ha svolto una protesta pacifica nelle acque di fronte a Siracusa per ostacolare l’arrivo in porto della nave SCF Baltica proveniente dalla Russia e contenente un carico di petrolio greggio. Con il supporto della nave Rainbow Warrior, attivisti e attiviste dell’associazione ambientalista hanno scritto a lettere cubitali sulla fiancata della petroliera il messaggio “Peace not oil” (Pace non petrolio).

Questa manifestazione nonviolenta nel Mar Ionio si aggiunge alle molte altre condotte nelle ultime settimane da Greenpeace nei mari di tutta Europa, per denunciare il legame profondo tra il petrolio e il gas fossile che i Paesi europei importano dalla Russia e il conflitto in corso in Ucraina. Greenpeace chiede un’immediata cessazione della guerra e una vera transizione ecologica che metta fine alla dipendenza dai combustibili fossili. Durante la protesta alcuni attivisti hanno esposto i loro messaggi direttamente in acqua, mentre fra gli alberi della Rainbow Warrior è comparso un grande simbolo della pace.

“La dipendenza energetica da petrolio, gas fossile e carbone alimenta conflitti e guerre in tutto il mondo, oltre che essere la principale causa dei cambiamenti climatici e della devastazione ambientale del nostro Pianeta”, dichiara Federico Spadini, campagna clima di Greenpeace Italia. “I leader politici dell’Unione Europea si comportano in modo contraddittorio e ipocrita: se da un lato condannano l’invasione russa dell’Ucraina, dall’altro continuano a finanziare il conflitto attraverso l’acquisto di combustibili fossili, che significa nuove entrate per le casse del governo di Putin. È necessario porre fine alla dipendenza da tutte le fonti fossili, non solo quelle russe, per assicurarci un futuro senza conflitti e limitare gli impatti della crisi climatica”.

La petroliera SCF Baltica è salpata il primo aprile da Primorsk, in Russia, trasportando circa 110 mila tonnellate di greggio fino alla Rada di Santa Panagia, vicino Siracusa. Al momento altre cinque navi che trasportano petrolio o gas liquefatto dalla Russia sono in arrivo sulle coste italiane, e moltissime altre in tutta Europa. Si stima che dall’inizio del conflitto in Ucraina i Paesi dell’UE abbiano speso più di 33 miliardi di euro per importare gas fossile, petrolio e carbone dalla Russia.

“Ai governi europei chiediamo di mettere subito fine a qualsiasi forma di importazione, commercio, produzione e investimento su petrolio, gas fossile e carbone in Russia, e di abbandonare rapidamente un sistema energetico basato sulle fonti fossili che ci espone a rischi di ogni tipo: economici, energetici, ambientali – continua Spadini -. Per promuovere la pace, l’Unione europea deve investire seriamente in una transizione energetica basata su fonti rinnovabili, infrastrutture di distribuzione efficienti, risparmio energetico per le abitazioni e il settore industriale, e una mobilità sostenibile basata sul trasporto pubblico”.

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