di Luca Nascimbene

Tolleranza zero per Youns El Boussettaoui, ucciso dall’assessore leghista Massimo Adriatici, convocato dal giudice per un reato minore. È solo l’ultima delle molte anomalie attorno al caso. Forse il nuovo procuratore farà chiarezza.

L’evento aggiunge una nota paradossale ad una vicenda che di contraddizioni e cortocircuiti ne ha accumulati già parecchi. Perché l’ultimo (per adesso) atto a finire nel faldone che riguarda Youns El Boussettaoui, cittadino marocchino senza fissa dimora ucciso a pistolettate a Voghera dall’assessore alla sicurezza Massimo Adriatici, è un decreto di citazione a giudizio davanti al giudice di pace a suo carico: a carico della vittima.

I fatti risalgono al 10 maggio dell’anno scorso, quaranta giorni prima che El Boussettaoui finisse ucciso. L’uomo era stato fermato per un controllo dagli agenti di polizia che lo trovarono senza documenti. Di qui la denuncia, che con solerzia surreale è stata notificata all’avvocata Debora Piazza, che era il legale di fiducia di El Boussettaoui e che adesso continua a curare gli interessi della vittima. La cosa è ancora più assurda perché questa efficienza pare a senso unico. Infatti, proprio una mancata notifica a Piazza ha dato origine alla catena di anomalie sospette che caratterizza questo caso. Accadde infatti che l’autopsia sul corpo dell’uomo venne fatta in tutta fretta, senza avvisare né la famiglia né i legali, come se fosse per scontato che una persona che viveva per strada fosse sola al mondo e priva delle basilari garanzie giuridiche.

Di passaggi poco chiari e quantomeno controversi in questi mesi ce ne sono stati tanti, tra telecamere per strada poco funzionanti e filmati spariti, pallottole a esplosione (illegali) trovate nella pistola di Adriatici, il procuratore aggiunto che ha coordinato le indagini Mario Venditti avvistato a un incontro elettorale della Lega (stesso partito di Adriatici) e soprattutto l’incongruenza del capo d’imputazione. Ad Adriatici viene al momento contestato l’eccesso di legittima difesa invece che l’omicidio colposo. Ciò gli ha consentito di tornare libero dagli arresti domiciliari per decorrenza termini (trattandosi di reato minore, è scattata dopo novanta giorni dall’accaduto) e tornare a esercitare la sua professione di avvocato.

“Speriamo sia l’ultimo capitolo della vecchia gestione”, dicono i legali della famiglia El Boussettaoui. Da qualche settimana, infatti, a Pavia c’è un nuovo procuratore. Si tratta di Fabio Napoleone, che in passato si è occupato anche di corruzione e terrorismo neofascista. Il nuovo capo dell’ufficio giudiziario ha disposto la proroga delle indagini. Finalmente, gli avvocati della famiglia della vittima hanno potuto depositare le memorie con tutti i punti oscuri e con il contenuto delle indagini difensive che hanno condotto in questi lunghi mesi in cui temevano che il tribunale di Pavia diventasse un porto delle nebbie.

Insomma, dopo mesi di muri di gomma e controversie estenuanti sembra esserci un clima nuovo attorno al caso. Sono stati fatti nuovi sopralluoghi in piazza Meardi, il luogo in cui è avvenuto il delitto. I legali e i familiari di El Boussettaoui sono più fiduciosi. A cominciare dal fatto che si arrivi alla richiesta di rinvio a giudizio con un diverso capo d’imputazione.

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