Nell’informativa davanti alle Camere sul conflitto in Ucraina, il premier Mario Draghi ha spiegato che “potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone”. Non solo: si è soffermato sul gas e sulla necessità di “migliorare ulteriormente la nostra capacità di stoccaggio” e ha definito le rinnovabili “la risposta più valida nel lungo periodo”. Dal canto suo, però, Elettricità Futura – l’organizzazione di Confindustria i cui associati rappresentano il 50% della potenza installata rinnovabile in Italia – lancia un appello a spingere proprio sulle rinnovabili, ma in modo più veloce di quanto non si stia facendo. E chiede a Governo e Regioni “di autorizzare entro giugno 60 GW di nuovi impianti rinnovabili” che, tra l’altro, sono pari solo a un terzo delle domande di allaccio già presentate a Terna. “Il settore elettrico è pronto a contribuire alla sicurezza energetica dell’Italia investendo 85 miliardi di euro e creando 80mila nuovi posti di lavoro” ha detto Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura, nel suo intervento in apertura della conferenza stampa che si è svolta a Milano. Un invito, rivolto al Governo, ad attuare un’azione straordinaria sugli iter autorizzativi insieme alle Regioni. Un invito che non passa inosservato alle associazioni ambientaliste, secondo cui la riapertura delle centrali a carbone è “inammissibile”.

L’appello delle imprese del settore elettrico – Le rinnovabili sono le energie che costano meno. Già quest’anno i produttori di rinnovabili hanno stipulato con il GSE (società interamente partecipata dal Ministero dell’economia e delle finanze) contratti a prezzo fisso per 20 anni a 65 euro/MWh (megawattora), quasi un quarto rispetto al prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica di gennaio 2022 (pari a 225 €/MWh). Eppure, ad oggi, ricorda Elettricità Futura, “l’Italia rappresenta il caso peggiore di burocrazia in Europa”, perché “nessun altro Paese ha così tanti problemi ad autorizzare i nuovi impianti rinnovabili”. Quasi il 50% dei progetti continua a non essere realizzato per problemi burocratici, mentre l’altra metà verrà portato a termine con sei anni di ritardo (con una durata media di sette anni, contro l’anno previsto dalla normativa). “Abbiamo la capacità di installare 20 GW di rinnovabili all’anno” spiega Re Rebaudengo, ricordando che già dieci anni fa sono stati installati oltre 11 GW disponendo di tecnologie meno performanti e sistemi di installazione meno efficienti. “Sessanta GW di nuovi impianti (nei prossimi tre anni) – aggiunge – faranno risparmiare 15 miliardi di m3 di gas ogni anno, ovvero il 20% del gas importato. O, in altri termini, oltre sette volte rispetto a quanto il governo stima di ottenere con l’aumento dell’estrazione di gas naturale”. Ma su quali fonti investire? Su sessanta GW, stima Elettricità Futura, 12 potrebbero arrivare da eolico, idroelettrico, bioenergie e altre fonti, 48 dal fotovoltaico che richiederebbero una superficie pari a 48mila ettari. “Se per pura ipotesi i 48 GW di fotovoltaico fossero tutti realizzati su superficie agricola – spiega l’organizzazione di Confindustria – si utilizzerebbe appena lo 0,3% della superficie agricola totale, oppure l’1,3% della superficie agricola già oggi abbandonata. Peraltro, i tanti impianti agrovoltaici previsti non sottrarranno neanche un metro quadrato di terreno”.

Le associazioni ambientaliste: “Inammissibile riaprire le centrali a carbone” – Nel frattempo, però, le soluzioni prospettate sono altre, per lo meno quelle da attuare subito. E hanno a che fare con gas e carbone. Per Greenpeace Italia, Legambiente e Wwf Italia “di fronte all’aumento esponenziale dei prezzi del gas, alla guerra e ai possibili problemi di approvvigionamento, occorre reagire in modo strutturale e non con soluzioni a volte false, a volte inammissibili, a volte facili (forse), ma che sicuramente rischiano di perpetuare i problemi e non risolverli”. E per le associazioni “la riapertura delle centrali a carbone” di cui parla Draghi “è una soluzione inammissibile”. L’Italia si gioca non solo la sua credibilità – aggiungono – ma anche molte delle riduzioni di gas serra che deve attuare rispettando l’impegno di chiudere tutte le centrali a gas entro il 2025”. Ma la reazione alle parole del presidente del Consiglio è stata anche l’occasione per commentare la visione del settore elettrico. “Se gli operatori energetici, non un’associazione ambientalista, si dichiarano in grado di installare 60 GW di rinnovabili in 3 anni, a patto che si velocizzino al massimo le pratiche autorizzative, sarebbe davvero assurdo che dal governo non si cogliesse la palla al balzo e non si mettesse su una task force per individuare le modalità e aiutare la pubblica amministrazione a dare risposte alle richieste pendenti”.

La soluzione falsa e quella (forse) facile – Ma Draghi, nel suo discorso, si è molto concentrato anche sul tema del gas. “La soluzione falsa – commentano le associazioni – è quella del cosiddetto gas nazionale: la retorica inutile e dannosa che vuole il via allo sfruttamento intensivo e massiccio delle estrazioni di gas sul nostro territorio e nei nostri mari”. Solo che, anche volendo sommare tutte le riserve nazionali, incluse quelle difficilmente estraibili a causa di costi economici ed energetici poco sostenibili, l’Italia avrebbe al massimo riserve di gas per 111,588 miliardi di m3. Dal momento che il Paese consuma circa 75-76 miliardi di m3 /anno, anche sfruttando tutte le riserve, possibilità poco realistica, queste sarebbero in grado di coprire appena un anno e mezzo della domanda di gas nazionale. Il gas nazionale non sarebbe per forza destinato al mercato nazionale e non farebbe alcuna differenza dal lato dei prezzi, a meno che non si voglia nazionalizzarlo. E poi c’è “la soluzione facile (forse) ma sicuramente nel senso sbagliato”. Quella dell’aumento delle infrastrutture per il gas. Per le associazioni ambientaliste “sarebbe uno spreco di risorse, immobilizzate in un combustibile fossile quando la decarbonizzazione va invece accelerata”. Ma non è solo una questione ambientale: “In Italia abbiamo attualmente infrastrutture sovradimensionate, oggi paghiamo i rigassificatori in bolletta perché sono sottoutilizzati. Il Ministero della Transizione ecologica dovrebbe informarsi e usare al meglio le strutture esistenti prima di parlare di nuovi rigassificatori che saranno disponibili, a essere super-ottimisti, tra 5 anni”.

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