A differenza di altri paesi europei, nei quali i requisiti per l’accesso alla professione docente sono i medesimi da decenni, in Italia siamo ormai abituati ai continui cambi di rotta di ogni nuovo governo: poca roba in confronto all’instabilità politica e ai continui avvicendamenti governativi a cui sono, loro malgrado, avvezzi gli italiani, ma fenomeno assai increscioso per la reputazione stessa del ruolo docente. Ultima in ordine di apparizione è la nuova riforma del reclutamento degli insegnanti della scuola secondaria che, come riportato dal Corriere della Sera, fisserebbe i nuovi requisiti per l’accesso al concorso a cattedra: non più i 24 cfu seguiti ai vecchi percorsi abilitanti (Tfa e Ssis), ma un sistema di 30 + 30 crediti da acquisire tramite esami universitari (i primi 30) e tirocinio scolastico (i secondi trenta).

Nulla da eccepire, ogni sistema può avere i suoi pregi e i suoi difetti, occorrerebbe però avere la possibilità di testarlo nel tempo per comprenderne potenzialità, limiti e proporre eventuali migliorie. Ciò che invece evidenzia l’assoluta mancanza di serietà amministrativa da parte del legislatore è il continuo andirivieni riformativo tipicamente italiano: per quale motivo negli ultimi 15 anni gli aspiranti docenti hanno dovuto seguire ben 4 diversi percorsi abilitanti? Alla vecchia Ssis è infatti seguito il Tfa, a quest’ultimo sono succeduti i 24 cfu e ora, infine, il sistema da 30 + 30 crediti: il tutto nella più totale assenza di continuità e attinenza tra i vari sistemi di reclutamento. Se infatti, ad esempio, il Tfa prevedeva in entrata un concorso selettivo sviluppato su tre prove, nessuna selezione è stata più richiesta a partire dai susseguenti sistemi a crediti universitari: quale la ratio e quali le motivazioni possibili?

Com’è possibile accettare queste continue, radicali inversioni di marcia? Ma soprattutto, tutto ciò non finisce per gettare sulla professione docente una pesante ombra di pressappochismo selettivo? Il capolavoro, infine, lo si raggiunge nel momento in cui i 30 + 30 crediti sono derogabili nel caso in cui l’aspirante docente abbia già alle spalle un minimo di 36 mesi di servizio scolastico. Ripeto, non entro nel merito della bontà di una o dell’altra formula, di uno o l’altro requisito di accesso: mi chiedo quale sia l’attinenza tra i vari sistemi, tra le varie formule succedutesi nel tempo e, infine, tra le varie coesistenti nel medesimo periodo. Dunque, punto di domanda: in virtù di cosa i tre anni di servizio scolastico potrebbero sostituire i 30 cfu universitari e viceversa? Perché il legislatore si ostina a creare pratiche tanto poco serie nelle loro surreali e continue intercambiabilità? Non solo: ma per quale motivo i vecchi sistemi prevedenti concorsi selettivi in entrata, dunque molto più gravosi ed esclusivi, non hanno mai ricevuto l’adeguato riconoscimento in termini di punteggio e in luogo di graduatorie o concorsi vari?

Dal legislatore emerge chiara la principale preoccupazione, quella di contentare più gente possibile scontentando praticamente tutti e dando l’ennesimo segnale di assoluta inadeguatezza amministrativa. Insomma, per chiudere riassumendo quanto finora argomentato: se il sistema di reclutamento cambia radicalmente ogni tre anni nessuna delle strade intraprese potrà guadagnarsi rispettabilità e considerazione da parte di un’opinione pubblica messa oltremodo alla prova.

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