L’accusa di “genocidio“, cioè di sterminio razziale, rivolta da Joe Biden a Vladimir Putin per i massacri russi in Ucraina alimenta la tensione internazionale. “Sì, l’ho chiamato genocidio”, ha detto martedì il capo della Casa Bianca parlando ai reporter in Iowa, confermando un concetto che aveva espresso nel corso di un evento pubblico poche ore prima (“Non si può dipendere da un dittatore che dall’altra parte del mondo commette un genocidio”). Per l’inquilino della Casa Bianca, “sta diventando sempre più chiaro che Putin cerca di cancellare persino l’idea di essere ucraini. Lasceremo decidere agli avvocati come qualificarlo a livello internazionale, ma di sicuro è quello che sembra a me“.

Intanto nelle prossime ore è previsto l’annuncio dell’amministrazione Biden di altri aiuti militari all’Ucraina per 750 milioni. Non è ancora chiaro se in questo nuova tornata saranno incluse armi più offensive, come chiesto ripetutamente da Kiev. Secondo la Reuters – che cita una fonte del Congresso Usa – ci saranno gli obici, sistemi di artiglieria pesante in grado di colpire un obiettivo fino a 70 chilometri di distanza, mentre un funzionario del dipartimento della Difesa statunitense ha escluso l’invio di elicotteri Mi-17 come invece sembrava previsto nei piani preliminari che circolavano tra funzionari governativi e parlamentari a Washington.

A metà del giorno dopo arriva la prima reazione dal Cremlino: la definizione di Biden è “inaccettabile“, fa sapere il portavoce di Putin, Dmitry Peskov. La svolta invece è stata molto apprezzata dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che su Twitter loda quelle che definisce “parole vere di un leader vero”: “Chiamare le cose col loro nome è essenziale per combattere il male. Siamo grati per l’aiuto che gli Usa ci hanno fornito finora e chiediamo con urgenza nuove armi pesanti per combattere le atrocità russe”, scrive il capo dello Stato ucraino. “I russi hanno distrutto gli ospedali e tutta la città. Questo è un genocidio lanciato da un criminale di guerra, Putin, contro la nostra nazione. Finché resisteremo, resisterà anche l’Ucraina”, rilancia il sindaco della città assediata di Mariupol, Vadym Boichenko.

Meno entusiasta dello strappo verbale di Biden è sembrato il presidente francese Emmanuel Macron. “Quello che sta succedendo è di una brutalità senza precedenti, ma allo stesso tempo guardo ai fatti e voglio cercare il più possibile di continuare a essere in grado di fermare questa guerra e ricostruire la pace, quindi non sono sicuro che l’escalation delle parole serva alla causa”, ha detto in un’intervista tv al canale France 2. Specificando però che “è accertato che sono stati commessi crimini di guerra da parte dell’esercito russo” e che “ora bisogna trovare i responsabili e andare davanti alla giustizia”. Una posizione che ha contrariato Kiev: “La riluttanza del presidente francese a riconoscere il genocidio degli ucraini dopo tutte le dichiarazioni esplicite della leadership russa e le azioni criminali dell’esercito russo è deludente”, dichiara Oleg Nikolenko, il portavoce del ministero degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba.

Reazione freddissima a Biden, invece, dal governo di Pechino, che mantiene rapporti stretti con Putin pur non appoggiando l’invasione: la Cina “ha sempre sostenuto che sull’Ucraina la massima priorità per tutte le parti interessate è mantenere la calma e la sobrietà, cessare il fuoco e fermare la guerra il prima possibile, evitando una crisi umanitaria su larga scala”, ha spiegato il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, rispondendo a una domanda in conferenza stampa. “Tutti gli sforzi della comunità internazionale dovrebbero mirare alla riduzione dell’escalation, non aggiungere benzina sul fuoco, e spingere per una soluzione diplomatica, non aggravare ulteriormente gli scenari”, ha avvertito.

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