I suoi scatti hanno raccontato un pezzo della storia della Sicilia e di tutta quanta l’Italia. Con la sua macchina fotografica ha documentato atrocità, violenze e miserie. Ma soprattutto i volti delle donne della sua città, Palermo. E ha saputo descrivere con la potenza delle sue immagini, rigorosamente in bianco e nero, alcuni dei momenti più drammatici del nostro Paese. Letizia Battaglia è morta a 87 anni e lascia un vuoto incolmabile per intere generazioni di fotografi e cronisti. A dare la notizia della sua morte è stato il sindaco di Palermo e amico Leoluca Orlando: “Palermo perde una donna straordinaria, un punto di riferimento”, ha dichiarato poco prima della mezzanotte del 13 aprile. “Era un simbolo internazionalmente riconosciuto nel mondo dell’arte, una bandiera nel cammino di liberazione della città di Palermo dal governo della mafia. In questo momento di profondo dolore e sconforto esprimo tutta la mia vicinanza alla sua famiglia“.

È stata prima di tutto una narratrice, l’occhio capace di catturare emozioni e sentimenti impossibili da comunicare solo con le parole. La sua carriera era iniziata nel 1969 con il giornale palermitano L’Ora. Poi si è trasferita a Milano e nel 1974 è ritornata a Palermo creando con Franco Zecchin, l’agenzia ‘Informazione fotografica’. Sono gli anni dei delitti di mafia a Palermo e Battaglia li documenta con la sua macchina fotografica per informare l’opinione pubblica. Raccontava che all’inizio, unica donna in mezzo a tanti fotografi uomini, non si aspettava che avrebbe dovuto fotografare morti e omicidi. E invece sono anni drammatici per la Sicilia e nel giro di pochi giorni viene spedita a scattare il suo primo delitto. Ed è solo l’inizio. Per mezzo secolo Battaglia racconta il potere dei Corleonesi, gli incontri all’hotel Zagarella dei cugini Salvo e di Giulio Andreotti. Le sue foto diventano atti per il processo contro il leader della Dc: intervistata da ilfattoquotidiano.it, rivelò che lei non era nemmeno consapevole di quello scoop e quando la polizia venne a controllare il suo archivio si scoprì che, la foto incriminata, non era mai stata neanche sviluppata perché troppo “mossa”. Battaglia fu anche la prima ad arrivare e fotografare, il 6 gennaio 1980, l’omicidio del presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella: “Fu un caso”, disse a Fq Millenium. “All’inizio pensavamo fosse solo un incidente stradale”. E invece stava documentando un pezzo della storia d’Italia.

Ma Letizia Battaglia non è stata solo la fotografa della mafia. Sono decine gli scatti che raccontano le donne palermitane: volti e sguardi intrisi di storie, corrucciati e malinconici, ma anche potenti e rivelatori. Uno fra tutti: quello che ritrae una bambina con un pallone nel quartiere palermitano la Cala. Così i suoi scatti vengono riconosciuti in tutto il mondo e nel 1985 è la prima donna europea a ricevere, ex aequo con l’americana Donna Ferrato, il Premio Eugene Smith, a New York, riconoscimento internazionale istituito per ricordare il fotografo di Life. Nel 1999 ha ricevuto anche il premio Mother Johnson Achievement for Life.

Negli anni ’80 ha creato il ‘laboratorio d’If’ dove si sono formati fotografi e fotoreporter palermitani come la figlia Shobha, Mike Palazzotto e Salvo Fundarotto. Dopo l’assassinio del giudice Falcone, il 23 maggio 1992, si allontana dal mondo della fotografia e nel 2003 si trasferisce a Parigi. Torna poi a Palermo e nel 2017 inaugura, ai Cantieri Culturali della Zisa il Centro Internazionale di Fotografia, da lei diretto. Impegnata anche nella politica, è stata consigliera comunale con i Verdi e assessora comunale con Orlando. Nel 1991 è eletta deputata all’Assemblea regionale siciliana con La Rete e nel 2012 si candida per Sel alle comunali, ma non viene eletta.

“È stata lucida e attiva fino alla fine”, ha commentato la figlia Patrizia Stagnitta. “Mia madre non si fermava mai. Malgrado le sofferenze della malattia e le difficoltà di movimento continuava ad avere tanti contatti, a partecipare a incontri anche all’estero e ad affrontare perfino lunghi viaggi. Proprio la settimana scorsa era andata a Orvieto per partecipare a un workshop. La grande voglia di vivere non le era mai passata”. Negli ultimi tempi, ricorda ancora Patrizia Stagnitta, era costretta a usare la sedia a rotelle. “Ma questo non le impediva di prendere un aereo e rispondere alle tante chiamate e ai tanti inviti che continuava a ricevere”. Fino a questa mattina Letizia Battaglia era lucida e presente. Poi c’è stato un improvviso peggioramento delle condizioni. “È accaduto tutto all’improvviso tanto e non ci ha dato il tempo di capire che se ne stava andando“.

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