Una sanzione di più di 3,7 milioni di euro. È la decisione dell’Antitrust nei confronti di Caronte&Tourist Spa, la società di navigazione privata che opera il traghettamento nello Stretto di Messina. Navi vetuste, prezzi ingiustificatamente alti, tra i più alti in Europa, in regime di monopolio di fatto. Questa è in sostanza la fotografia che regala l’istruttoria dell’Autorità garante per la concorrenza e il mercato, firmata dal segretario generale Guido Stazi e dal messinese Michele Ainis, professore di Diritto pubblico e membro dell’Agcm. Una relazione di 110 pagine per un’istruttoria nata dalla denuncia di un consumatore nel 2018 e formalmente avviata – dopo avere acquisito le informazioni richieste – il 28 luglio 2020.

“L’Autorità ha accertato che C&T, in posizione di assoluta dominanza nel traghettamento passeggeri con auto al seguito sullo Stretto di Messina, ha sfruttato il suo potere di mercato per applicare prezzi ingiustificatamente gravosi per i consumatori”: questa è in sostanza la motivazione della sanzione nei confronti della società le cui quote sono ripartite tra tre famiglie calabresi e siciliane, mentre una quota appartiene a una società inglese, completamente partecipata da un’altra società che ha sede in Lussemburgo, noto paradiso fiscale. Ma andiamo con ordine.

La società in questione, la Caronte&Tourist, è la più nota società privata nello Stretto di Messina. Costituita nel lontano 1977, ha di fatto preso possesso del collegamento tra la sponda sicula e quella calabra. Soprattutto per quello che riguarda il trasporto passeggeri con o senza auto, che arriva addirittura al 90-95 per cento rispetto agli altri vettori, così come evidenziato nella relazione dell’Antitrust. Sullo Stretto operano infatti le Ferrovie dello Stato con Rfi ma anche altre compagnie, tutte però ai confini di Messina. La C&T opera invece in pieno centro città (col monopolio di 5 banchine, solo da poco suddivise in 2 terminal e lo scorso gennaio affidate – per la prima volta – pure ad un’altra società, la Comet, ma la Caronte ha fatto opposizione) coprendo di fatto la tratta più breve e per questo più conveniente per i passeggeri. Così come per i camion, che sarebbero in realtà costretti a sbarcare nella periferia sud della città, ovvero nel molo di Tremestieri, ma non di rado il passaggio dei Tir va in deroga, spesso a causa dell’insabbiamento del molo.

Rfi, invece, ha abbandonato il porto centrale di Messina da qualche anno e collega la Sicilia alla Calabria soltanto da quello Tremestieri (per il passaggio con le navi, con gli aliscafi, invece, avviene ancora dal porto centrale), cioè dalla tratta più lontana. Si tratta di una differenza di non poco conto: 20 minuti di percorrenza, dalla Rada di San Francesco (il molo nel centro città), contro i 45-50 dal molo di Tremestieri, a parità di tariffa, o quasi. Al momento dell’istruttoria, infatti, la tariffa della Caronte era di 39 euro andata e ritorno in giornata con veicolo (senza alcuna differenza se all’interno del veicolo si è da soli o in 5, come fa notare l’Antitrust nell’Istruttoria). Da dicembre, però, la società di navigazione ha attivato uno sconto del 3 per cento. Ad oggi dunque, se si vuole attraversare il mare per raggiungere l’altra sponda in giornata con la propria auto si paga una tariffa di 36,50 euro per la tratta di 20 minuti coperta dalla Caronte&Tourist, oppure se si preferisce il vettore pubblico, sebbene impieghi più del doppio del tempo, il costo sarà di 33 euro.

Le tariffe applicate dalla società italo-inglese sono addirittura le più alte d’Europa, con un’unica eccezione. A dirlo è addirittura una consulenza di parte presentata all’Agcm, cioè è la stessa società privata – come riportato nell’istruttoria – che ha commissionato lo studio che rivela che in tratte simili nel resto d’Europa le cifre sono inferiori. Tra Toft e Ulsta, per esempio, che si trovano in un arcipelago a nord della Scozia, individuate dalla C&T come una tratta da comparare alla propria, le tariffe sono fisse a 8,6 euro andata e ritorno per passeggeri con veicoli. In un’altra zona della Scozia, da Gurook a Dunoon, la tariffa è di 22,2 euro solo andata, contro i 39 di Caronte (ora 36,50). Per questo, si legge nell’istruttoria dell’Antitrust, “emerge chiaramente come le tariffe applicate da C&T sulla Vsg-Mrsf (cioè tra Villa San Giovanni e il molo rada San Francesco, in centro città a Messina, ndr) risultino le più elevate tra le rotte benchmark individuate dalla stessa società, con l’eccezione di Forsea/Scandilines sulla Helsingor-Helsingborg, che collega la Svezia con la Danimarca (cioè il collegamento tra due paesi diversi, ndr)”.

Ma ancora: “la tariffa più elevata di C&T (‘Solo Andata’ e ‘A/R entro 90 giorni’) è maggiore del 98% circa rispetto alla media di tutte le tariffe più care sulle rotte comparabili. Analogamente, la tariffa più conveniente offerta da C&T, ossia l’andata e ritorno in giornata, è più cara dell’86%”. Per questo dall’Antitrust non hanno dubbi: “Un comportamento abusivo della posizione dominante della stessa Caronte & Tourist S.p.A., in l’applicazione di prezzi ingiustificatamente gravosi” che “rappresenta una condotta molto rara e peculiare sia nel panorama nazionale che eurounitario. Infatti, C&T ha sfruttato il proprio storico potere di mercato sullo Stretto di Messina, che si sostanzia in un predomino economico sul mercato” per “applicare ai consumatori che attraversano lo Stretto con il proprio autoveicolo delle tariffe che sono risultate, in primo luogo, eccessive e, inoltre, inique rispetto ad analoghi servizi erogati su rotte estere”

Né, d’altra parte, l’applicazione delle tariffe di C&T risulta giustificata dalla qualità del servizio offerto. Le navi della società italo-inglese, infatti hanno un’età media di 27 anni contro l’età media di 17 anni dei mezzi operanti nel resto d’Europa. Per di più non esiste nessuna tariffa agevolata per i residenti di Messina e Reggio Calabria, nonostante la società sia per la maggior parte posseduta dalle famiglie di entrambe le sponde. Dal lato calabrese. A capo della Caronte Spa, che ha il 37,5 per cento delle quote di Caronte&Tourist, siedono i Matacena (Gennaro Matacena è il presidente). Dal lato siculo, c’è, invece la Tourist Ferry Boat Spa che controlla il 32,5 per cento delle quote. Nella Tourist figurano i Franza, che sono in netta maggioranza, mentre una quota pari a 4.980.460,00 Euro la detiene la Ge.pa srl, società riconducibile a Francantonio Genovese, l’ex deputato arrestato per lo scandalo sulla Formazione professionale, condannato a 6 anni e 8 mesi, in via definitiva (le accuse sono di truffa aggravata e tentata corruzione, ma deve ancora rispondere di Riciclaggio: per questo è in attesa di giudizio di fronte alla corte d’Appello di Reggio Calabria).

Nel 2014, un 10 per cento della società era di Ferry Investments Srl, società partecipata totalmente dal Fondo italiano d’investimento Sgr Spa i cui soci, tutti col 12,5 per cento, erano: Unicredit, Istituto centrale delle banche popolari italiane Spa, Intesa San Paolo, Monte dei Paschi di Siena, Associazione bancaria italiana, Confindustria, Cassa Depositi e Prestiti, ministero dell’Economia e delle Finanze. Adesso però la Ferry Investments non compare più nell’elenco delle società che compongono la Caronte&Tourist. D’altronde nel 2019, fu salutato in pompa magna l’acquisto del fondo inglese Basalt del 30 per cento delle quote. Il 30 per cento è però detenuto da Ulisse Italia Srl, nata nel 2018: presieduta da John William Hanna Holt, cittadino inglese residente a Roma, la società è totalmente partecipata da Ulisse Lux 2 S.a.r.l, che ha sede a in rue Lou Hemmer, ovvero nel noto paradiso fiscale che è il Lussemburgo.

Con le più alte tariffe d’Europa (con una sola eccezione) d’altronde, lo Stretto non può che far gola. E mentre si annuncia l’ennesimo studio sul ponte (il ministro alle Infrastrutture, Enrico Giovannini, ha confermato che è in atto un nuovo studio di fattibilità), del collegamento tra le due sponde non parla nessuno, con la conseguenza che lo Stretto resta in regime di monopolio di fatto, in mano ai privati. A totale discapito dei consumatori, stando a quanto sottolineato dall’Antitrust: “Una simile condotta, come già evidenziato, ha arrecato un importante danno ai consumatori, che si sono trovati a pagare tariffe che risultano almeno dell’80% più elevate rispetto agli analoghi servizi erogati” nel resto d’Europa.

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