Skimming, trashing, sniffing, boxing, phishing: che confusione per dire che si tratta di tecniche utilizzate dalla criminalità per truffare i possessori di carte di credito e svuotare il loro conto corrente.

Mail e messaggi talmente perfetti (anche ai miei occhi) che sembrano provenire direttamente dalle banche o dalle società di gestione della moneta elettronica, manomissioni dei pos e telecamere sugli sportelli automatici: siamo ormai circondati da geni del crimine che utilizzano strumenti e metodi per carpire credenziali di accesso e coordinate bancarie e fare truffe anche ai più scaltri e navigati.

Sono tante le segnalazioni che mi arrivano da clienti ed amici che sono stati raggirati.

E non è un problema legato alla tipologia e alle dimensioni della banca: nessun istituto di credito è al sicuro in questo momento!

Da qui l’allarme crescente, che ha coinvolto anche i più grandi istituti di credito italiani, che hanno addirittura innalzato, nelle ultime settimane, il livello di allerta al massimo anche perché, cosi come confermato da una lettera che la Bce ha inviato a tutte le banche europee, i rischi legati agli attacchi informatici sono aumentati in modo consistente dopo lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina.

Ma oggi non voglio entrare nel merito delle cause di debolezza dei sistemi informatici delle banche che, tra l’altro, così come già segnalato su questo blog qualche anno fa a seguito di “confessione” di un ex manager apicale della società che gestiva l’ICT (l’informatica) del gruppo Unicredit, “non è solo una questione di arretratezza tecnologica dell’hardware, in particolare di potenziamento della memoria, per la quale occorrerebbero maggiori investimenti per l’ammodernamento degli impianti, ma le banche controllano i flussi di utilizzo dei sistemi online anche per non incidere sui costi di gestione ordinaria”.

Oggi piuttosto vorrei soffermarmi su tre domande che mi vengono rivolte sistematicamente dai consumatori (anche imprese) truffati.

La prima: come dobbiamo agire se la nostra carta di credito è stata frodata?

Una domanda che nasce da un comportamento ostruzionistico del bancario di filiale. Perché tutti quelli che sono stati frodati hanno ricevuto la stessa risposta dall’impiegato di turno che, abituato sempre ad arrampicarsi sugli specchi della deresponsabilizzazione, assume un atteggiamento urticante e difensivo riassunto nella locuzione: “non è colpa della banca!”

Allora chiariamo a quelli che non lo sanno (tanti) che, quando sono stati presi dal cliente tutti gli accorgimenti per garantire la custodia della carta e la segretezza del Pin, la banca è tenuta al rimborso di quanto frodato! Lo ha stabilito il d. lgs. n. 11/2010 secondo il quale – ed in particolare si veda l’art. 5 – “il consenso del pagatore è un elemento necessario per la corretta esecuzione di un’operazione di pagamento. In assenza del consenso, un’operazione di pagamento non può considerarsi autorizzata”.

L’art. 10 dello stesso decreto prevede, addirittura, l’inversione dell’onere della prova e quindi incomberà sulla Banca in tutti quei casi in cui il cliente disconosca di aver compiuto una determinata operazione dimostrare la liceità dell’operazione. E difatti recita: “qualora l’utilizzatore di servizi di pagamento neghi di aver autorizzato un’operazione di pagamento già eseguita o sostenga che questa non sia stata correttamente eseguita, è onere del prestatore di servizi di pagamento provare che l’operazione di pagamento è stata autenticata, correttamente registrata e contabilizzata. Inoltre deve provare che non ha subito le conseguenze del malfunzionamento delle procedure necessarie per la sua esecuzione o di altri inconvenienti”.

In secondo luogo, sempre per contrastare il bancario di filiale che non conosce la normativa ed utilizza i “muscoli” nei confronti del cliente altrettanto ignorante, mi chiedono: “Quale importo mi deve essere rimborsato dalla banca in caso di truffa sulla carta?”. Per l’art. 11 la banca deve corrispondere “immediatamente al cliente tutte le somme oggetto di un’operazione di pagamento per la quale egli non ha mai prestato il proprio consenso”.

Controllate, però, sempre le condizioni contrattuali: alcune banche prevedono una franchigia in caso di clonazione o di uso fraudolento della carta di credito. In altri casi la franchigia può essere rimossa aumentando la sicurezza della carta, ad esempio attivando servizi di avviso tramite email o sms oppure attivando un’apposita copertura assicurativa.

Ultima domanda: quali passi effettuare appena ci accorgiamo che ci hanno rubato dei soldi con l’utilizzo fraudolento della carta? La prima cosa da fare è di recarsi al comando dei Carabinieri più vicino per effettuare una denuncia di frode su carta di credito, dichiarando tutte le operazioni sospette. È importante che la denuncia venga fatta tempestivamente, cioè il prima possibile.

Solo in questo modo potrà essere bloccata immediatamente la carta e si eviteranno altri addebiti. In caso di denuncia tardiva la banca potrebbe decidere di non rimborsare le somme sottratte.

Successivamente, con la denuncia in mano, bisogna recarsi all’ufficio postale o presso la banca di competenza, effettuando il disconoscimento delle operazioni improprie e procedendo con il blocco immediato della carta. Non vi rivolgete solo alla filiale ma scrivete anche agli organi di controllo centrali già sotto forma di reclamo presso lo sportello, allegando tutti i documenti a supporto (denuncia, disconoscimento, ecc.).

Se l’istituto rifiuta il rimborso, si può ricorrere all’Arbitro Bancario e Finanziario (ABF), il sistema di risoluzione delle controversie della Banca d’Italia. Il ricorso all’ABF costa solo 20 euro, somma che viene poi restituita se al ricorrente viene data ragione. Se anche l’ABF (capita se a decidere è un organo gestito da Bankitalia i cui soci sono le banche!) non accoglie il reclamo, c’è una ultima spiaggia: ricorrere alla normale giustizia tramite avvocato.

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