di Silvano Vignati, biostatistico, Emanuele Bonanni, imprenditore, Maurizio Rainisio, biostatistico, Sara Gandini, epidemiologa/biostatistica

I vaccini anti Covid-19 si sono dimostrati efficaci armi per contrastare la malattia grave. Questo, tuttavia, non deve far dimenticare il tema della loro sicurezza, soprattutto se le campagne vaccinali sono rivolte ai più giovani che hanno un rischio molto basso di gravi conseguenze.

Come abbiamo calcolato in base ai dati disponibili, anche se tra i quasi sei milioni di ragazzi italiani di 5-15 anni il 15% per anno si è infettato, meno di 500 per milione per anno (0,05%) sono stati ricoverati, poco più di 100 per milione sono (0,01%) i ricoverati in Terapia Intensiva (TI) e circa due per milione (0,0002%) sono deceduti. Sappiamo che in Italia i deceduti avevano in media quattro patologie concomitanti e il 91% nella fascia 16-59 anni presentava almeno una patologia.

Con un modello multivariato abbiamo analizzato 650 mila casi positivi a Sars-cov-2 estraendo i dati pubblici statunitensi (Cdc), e abbiamo confermato la maggiore probabilità di decesso per Covid-19 dei ragazzi più fragili (oltre otto volte rispetto a chi non ha comorbidità). Un altro studio pubblicato recentemente ha mostrato che le frequenze relative di ospedalizzazione e terapia intensiva per Covid-19 per soggetti giovani e sani sono sovrapponibili a quelle per influenza e i rischi incrementano significativamente con la presenza di altre patologie, condizione sociale svantaggiata, origine etnica (non caucasica) e anche per sesso (maschi più a rischio).

È necessario ragionare in termini di rischi-benefici, tenuto conto che i rischi legati alla malattia Covid-19 dipendono anche dalla probabilità di contrarre l’infezione, come abbiamo visto circa 15% in un anno, mentre quelli riferiti ai vaccini si applicano a tutta la popolazione che per scelta o per obbligo viene sottoposta a vaccinazione. Per stimare le reazioni avverse da vaccino, che sono basate su segnalazioni volontarie effettuate senza garanzia che tutti i potenziali eventi avversi siano segnalati (farmacovigilanza passiva) e senza uniformità delle informazioni, bisogna tenere in conto che i dati di pubblico dominio forniti dalle agenzie governative o sovranazionali presentano una scarsa omogeneità e attendibilità.

Gli operatori sanitari segnalanti dovrebbero avvalersi del protocollo Aefi (Adverse Events Following Immunization), che aiuta a classificare per rilevanza le potenziali reazioni avverse, ma tale strumento non è sempre utilizzato, tanto che Aifa nell’Ottavo rapporto sulla Sorveglianza dei vaccini Covid-19 indica che dei 555 casi segnalati in Italia solo 396 erano stati valutati con Aefi. La stessa agenzia riporta nel Rapporto annuale sulla sicurezza dei vaccini anti-Covid-19 27/12/2020 – 26/12/2021 che i casi di decesso “correlabili” al vaccino sono 22, per buona parte riferiti a soggetti anziani con un quadro clinico compromesso.

Tenendo conto di queste limitazioni, a partire dai dati pubblici sui giovani europei tra i 10 e i 19 anni (articolo non ancora sottomesso a revisione tra pari), secondo le nostre elaborazioni da inizio pandemia sino al luglio 2021 abbiamo stimato 1,5 decessi, 4,8 terapie intensive e 82,3 ospedalizzazioni per reazioni avverse in seguito a vaccino per milione di dosi (oltre cinque milioni di somministrazioni), mentre gli eventi attribuiti a Covid-19, tra i casi diagnosticati come positivi alla malattia, sono stati rispettivamente 1,8 decessi, 7,9 terapie intensive e 237,6 ospedalizzazioni. Per le miocarditi si è potuto stimare il rischio in seguito a vaccino pari a 28,7 per milione di vaccinazioni complete. I casi di miocardite attribuiti al vaccino Pfizer-BionTech sarebbero 31 per milione in media, maggiori nei maschi (53) rispetto alle femmine (10), mentre 12 casi per milione, tutti maschi, sarebbero da attribuire a Moderna.

Uno studio di popolazione israeliano condotto su tutta la popolazione vaccinata ha messo in evidenza che anche per il vaccino Pfizer-BionTech (circa 5,4 milioni di dosi) il rischio di miocardite riguarda principalmente la popolazione maschile (130 casi per milione tra i soggetti di sesso maschile vs dieci casi tra i soggetti di sesso femminile) ed è massimo in occasione della somministrazione della seconda dose (150 casi per milione tra i maschi).

Uno studio norvegese condotto su un ampio campione di 4,9 milioni di persone appartenenti a tutte le classi di età ha messo in evidenza che per la popolazione sotto i 40 anni esiste un maggior rischio di miocardite per i vaccinati; in particolare Moderna ha un peggior profilo di rischio cardiologico rispetto a Pfizer. Il rischio relativo (RR) aggiustato per sesso ed età per i soggetti tra i 12 e i 39 anni del vaccino Pfizer vs nessun vaccino è di 1.48 (95%CI: 0.74 – 2.98) mentre il rischio relativo è 5.24 per Moderna vs nessun vaccino (95%CI: 2.47 – 11.12), indicando quindi un rischio aumentato di cinque volte.

Tutti gli studi di popolazione esprimono incidenze di evento avverso doppie o triple rispetto alle stesse grandezze stimate a partire dai dati pubblici, suggerendo grande prudenza nel loro utilizzo per studi epidemiologici. In conclusione, Moderna si conferma inadeguato per la popolazione più giovane, a causa del rischio più elevato di miocardite, che anche se risolta potrebbe generare un danno permanente tessutale e può richiedere follow-up pluriannuale. È per questa ragione che in diversi paesi non viene consigliato sotto i 30 anni. Nonostante questo in Italia nella settimana 13-19 marzo 2022 il vaccino Moderna ha costituito ancora il 26,8% dei vaccini somministrati a giovani di 12-39 anni (dati forniti dal Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19).

I risultati esposti fanno riferimento a contesti epidemici di singole nazioni dominati dal ceppo originario del virus e dalla variante delta. L’insorgere di nuove varianti necessita di continui aggiornamenti.

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