“Qui non facciamo domande, curiamo tutti quelli che arrivano. Non chiediamo se è un soldato o un civile. Questo non è il momento delle domande”. Omer Niv, vice direttore dello Schneider Children’s Medical Center of Israel, fino a dieci giorni fa, era nel suo attrezzatissimo ospedale tra i più grande dell’area mediorientale, a combattere anche il Covid e ora dirige un ospedale da campo allestito Mostyska, situato nell’oblast di Leopoli. I pazienti arrivati fino a questo momento avevano età tra pochi mesi a 85 anni. Cinquanta bambini e adolescenti al giorno trattati, dodici piccoli pazienti oncologici inviati in Israele per le cure specializzate e partiti da Kiev e altri piccoli curati “con problemi sia acuti che cronici”. Arrivano, anche se poche, persone da altre città con ferite per le conseguenze della guerra, rifugiati dalle zone dei bombardamenti.

Ma quella di Mostyka è soprattutto una struttura che si occupa di coloro che il sistema sanitario nazionale non è in grado di curare. E che probabilmente non lo era anche prima della guerra. Tra i pazienti più giovani un bambino di 7 mesi: “Anemico, aveva l’emoglobina a 6 e quindi con necessità di una trasfusione. Lo abbiamo stabilizzato e trasferito in Polonia con l’ambulanza. Il bambino era disidratato, in questa situazione non è facile neanche trovare il cibo. I genitori ci ha hanno detto che non erano in grado di andare dal loro pediatra”.

La cittadina, dove sono state tirate su le tende con 66 posti letto, è a pochi chilometri dal confine polacco e il piccolo ha dovuto affrontare un viaggio meno complesso della bambina di 10 anni che invece dovrà subire un trapianto di fegato. La paziente, che necessita di cure giornaliere, è arrivata con genitori da una zona dove ci sono stati numerosi bombardamenti. Uno dei problemi è che il governo ucraina non permette di lasciare il paese gli uomini che possono combattere: “Le donne vorrebbero avere i mariti accanto in queste situazioni”. La ragazzina sarà ricoverata allo Schneider.

Il personale sanitario è formato da 65 tra medici e infermieri israeliani e molti parlano ucraino, non ci sono turni perché si è operativi dalle 8 alle 20. “Ma l’altra sera a mezzanotte abbiamo trattato un bambino di 3 mesi, la situazione della medicina territoriale è complicata e abbiamo file anche di due ore per essere visitati”. Stiamo facendo il massimo per questi povero popolo e staremo qui almeno un mese, siamo l’unico stato che ha costruito questo tipo di ospedale”. I medici hanno anche eseguito interventi chirurgici nella sala operatoria dell’ospedale cittadino, operazione di routine come appendiciti o ernie, che possono diventare più complesse in situazioni così delicate.

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