Uno Stato sovrano e democratico. Un popolo che ha nella lotta per l’indipendenza uno tra i fondamenti di un’identità culturale forte. Il nemico condiviso, che accomuna l’Europa orientale nella sua storia più recente. L’Ucraina ce le ha tutte per essere vista dai Paesi baltici come una sorella colpita dal ripetersi degli eventi. In Estonia, Lettonia e Lituania il ricordo dei bombardamenti e della “liberazione” sovietica (così la chiamarono i russi) è ancora vivo. Semplicemente perché le generazioni che hanno vissuto l’occupazione sono ancora tutte in vita. E quelle che non l’hanno subita direttamente, ma sono nate in tre paesi liberi, portano dentro la memoria collettiva di quello che le loro famiglie hanno sofferto.

I genitori sono cresciuti in un Paese occupato, i nonni l’hanno visto accadere. È il trauma che diventa memoria. E la memoria che poi ritorna trauma quando, a corto raggio, i ventenni baltici guardano con preoccupazione a ciò che succede a Kharkiv, Mariupol, Kyiv. Nel frattempo, però, le rassicurazioni: oggi fanno comunque parte dell’Europa politica e della Nato. Così cinque ventenni nati e cresciuti da quelle parti raccontano a ilfattoquotidiano.it quali contorni assume la guerra vista da Vilnius, Riga, Tallinn.

Mia, 21 anni

L’ombra lunga dell’occupazione sovietica
“Sia le guerre mondiali, in particolare la seconda, che l’occupazione sovietica fanno parte del cuore della nostra memoria come società. E le storie dei tempi delle repubbliche socialiste fanno parte dei racconti di famiglia. Noi, la nostra generazione e quelle successive, siamo stati fortunati a nascere in un Paese indipendente. Ma conosciamo ancora la Russia come ‘quello’, come l’aggressore” dice Kristīne, 28 anni, dalla Lettonia. “Immediatamente, quando sono apparse le notizie dell’invasione russa in Ucraina, la sensazione comune era ‘noi siamo i prossimi‘, ‘questo è il nostro giorno del giudizio, da 30 anni ci prepariamo per questo’. C’è una certa precarietà esistenziale, lo vedo attraverso le news o anche nel modo in cui la mia famiglia interagisce con me. Ma perché la storia dell’occupazione russa, i danni che hanno fatto alle nostre città e vite… è ancora tutto molto concreto” secondo Mia, 21 anni, estone. “Basta guardarsi attorno, tutti quelli della nostra età controllano le news 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Anche i miei amici mi hanno detto che a volte non riescono nemmeno a dormire. Pensano comunque alla guerra in corso” aggiunge Rauno, 28 anni, anche lui da Tallinn.

Brigita, 28 anni

Brigita, 28 anni, lituana, spiega: “L’idea era che, a un certo punto, sarebbe potuto accadere. Abbiamo anche provato a dirlo alla Nato, all’Unione Europea, e nessuno ci ha ascoltati per davvero. Perché magari pensavano ‘oh voi Paesi post-sovietici! In realtà non è così, siete solo paranoici’. E quella possibilità alla fine si è realizzata, ma per l’Ucraina. Ci siamo spaventati perché la notizia ha risvegliato dei ricordi, nei nostri genitori, in tutti, non pensavamo potesse succedere in questo secolo”. Di questa difficoltà a comprendersi parla anche Marija (26), anche lei dalla Lituania. “Parlando con gente che viene dall’Europa occidentale puoi avvertire una differenza nel modo in cui guardiamo e sentiamo il conflitto in corso. Sembra che gli occidentali non capiscano il senso di pericolo e la paura che abbiamo. Noi sappiamo cosa ci ha fatto quel Paese. È possibile che questo alimenti paure? Certo, ma perché non è solo pagine sui libri di storia – sono cose che abbiamo vissuto, sentito dai nostri parenti. Questa differenza si sente”. “Questa guerra per noi non riguarda solamente l’Ucraina, ma è una minaccia per tutta la regione e la stabilità del continente”, aggiunge.

Rauno, 28 anni

Sono tanti i russi nelle repubbliche baltiche. Che succede ora?

Mentre in Lituania la popolazione russa si aggira intorno al 5 per cento del totale, in Estonia e Lettonia la proporzione sale a circa una persona ogni quattro. Rauno vede purtroppo “molto timore nella minoranza russa in Estonia. La guerra sicuramente avrà un effetto su come molta gente guarderà ai russi nel nostro Paese, forse sotto una luce più negativa. Direi che loro si stanno preparando a questa eventualità”. “È orribile vedere che sta già succedendo: questa russofobia

diffusa verso persone che sono nate e cresciute in Estonia e sono a tutti gli effetti cittadini estoni. Anche se quando è arrivata la notizia, penso ci siano stati dei momenti di ansia anche all’interno dei nostri confini, visto che effettivamente un buon numero di persone si trova nella sfera d’influenza dell’informazione russa. Ma molti personaggi pubblici hanno immediatamente fatto appelli a distinguere nettamente tra la popolazione russa e i sostenitori di Putin. Il rapporto che c’era sicuramente però ora è più incrinato, almeno un po’” secondo Mia.

La reazione iniziale, e la razionalizzazione successiva, sembrano essere le stesse in tutti e tre i Paesi baltici. Anche in Lettonia e Lituania, politici e personaggi in vista hanno chiesto e chiedono di mantenere i due gruppi ben separati. “Altrimenti sarà una vittoria per Putin e il Cremlino, questo è quello che cerca: un pretesto per dire che i russi non sono ben accetti, attivare la macchina della propaganda su questo tema” dice Brigita. Sul Baltico come nel resto dell’Europa, “c’è la sensazione che non si possa essere neutrali: o sei dalla parte della Russia, o dell’Ucraina. Ma qui parliamo comunque di unire la società e mantenerla unita, che dobbiamo farci forza tutti insieme. Qui in Lettonia l’idea diffusa è che sì, questi sono russi. Ma sono i nostri russi” dice Kristīne.

L’Ucraina in Nato e Ue? Sarà complicato
I dubbi sono pochi: gli ucraini hanno lavorato per avvicinarsi sempre di più all’obiettivo di entrare dentro Nato e Ue negli ultimi anni, e ora “stanno combattendo una guerra non solo per difendere se stessi, ma tutti noi. Se quella è la direzione che hanno scelto, è loro diritto che sia così e abbiano la possibilità di farlo” secondo Kristīne. “Guardando all’Ucraina adesso vediamo un Paese forte che sta combattendo per avere quella sicurezza che noi almeno un po’, per fortuna, abbiamo grazie al fatto che siamo sia nella Nato che nell’Ue. Se così non fosse, forse quel che sta vivendo l’Ucraina sarebbe successo a noi. Sarei contenta se entrassero nelle due alleanze” dice Brigita.

Secondo Mia, probabilmente “ora più che mai l’Ucraina ha la possibilità concreta di entrare a far parte di Nato e Ue”. Ma tutti, anche nelle Repubbliche baltiche, sanno che la cosa non è affatto semplice. “Per tanti motivi è una discussione importante, ma complicata. Anche perché implicherebbe il rischio di fomentare ancora di più il conflitto con la Russia, e ne possiamo solo immaginare le conseguenze per i rapporti in generale tra Est ed Ovest. Nel 2000 c’è stata questa grande ondata di Paesi che sono entrati nell’Unione Europea, ma oggi non è più la stessa storia di allora”, dice Marija. “Sarebbe però un grande gesto politico se si facesse entrare l’Ucraina in Unione Europea. Se guardo onestamente a come fu quel processo per noi estoni, effettivamente non eravamo al cento per cento pronti a farne parte, secondo i criteri previsti. Gli ucraini non sono pronti, ma se le istituzioni europee li lasciano entrare: il segnale sarebbe fortissimo” secondo Rauno. Diverso il suo discorso sulla Nato. “Non gli sarà possibile entrare perché la Nato non accetta Paesi con conflitti attivi, così è stato anche per la Georgia nel 2008. Quelli 13 anni dopo sono ancora lì e con il 20 per cento del territorio occupato. L’Ucraina decisamente non è nelle condizioni di far parte dell’Alleanza atlantica”.

Il sentimento più presente e ricorrente, parlando dell’invasione con loro, è che in fondo se lo aspettassero. Fino a che punto ci si possa aspettare un conflitto in generale in Europa, nel 2022, è una questione leggermente differente. Perché al posto della sorpresa, per loro, è emerso violentemente lo shock. “Sia io che i miei amici, quando ci siamo svegliati con la notizia dell’invasione, abbiamo avuto attacchi di panico, abbiamo pianto un sacco. Adesso le reazioni sono più sotto controllo, abbiamo fatto i conti con quello che sta succedendo e capito che così possiamo rimanere saldi più che mai e aiutare l’Ucraina in ogni modo possibile” dice Brigita. Giusto qualche giorno fa, però, una persona ha detto a Kristīne quello che descrive meglio la sensazione dominante: “semplicemente, questa cosa mi ha spezzato il cuore. Non abbiamo idea da dove cominciare per rimettere insieme i pezzi. E probabilmente, ci metteremo generazioni per farlo”.

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