“L’insegnamento del ‘mondo russo’ sta devastando e dividendo la Chiesa“. È quanto sostengono 65 teologi ortodossi, vicini al Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, in un documento in cui condannano la benedizione del Patriarca di Mosca, Kirill, alla guerra in Ucraina. I teologi respingono con forza la giustificazione del conflitto sulla base di motivazioni religioso-antropologiche, definendo questo modo di pensare “non conforme alla fede ortodossa”. “Il sostegno – si legge nel testo – di molti esponenti del Patriarcato di Mosca alla guerra del presidente Putin contro l’Ucraina è radicato in una forma di fondamentalismo etnico-religioso di carattere totalitario. Un falso insegnamento che sta attirando molte persone nella Chiesa ortodossa ed è stato anche ripreso dall’estrema destra e dai fondamentalisti cattolici e protestanti”.

I teologi ricordano, inoltre, che gli stessi argomenti furono usati per giustificare, nel 2014, l’annessione della Crimea, per avviare “una guerra per procura nell’area del Donbass” e ora in Ucraina. Secondo l’insegnamento qualificato come “mondo russo”, sempre per i teologi ortodossi, “esiste una sfera o civiltà russa transnazionale, chiamata Santa Russia, che include Russia, Ucraina e Bielorussia (e talvolta Moldova e Kazakistan), così come i russi etnici e le persone di lingua russa in tutto il mondo”. Questo modo di pensare, dunque, ha “un centro politico comune (Mosca), un centro spirituale comune (Kiev come la madre di tutta la Russia), una lingua comune (il russo), una chiesa comune (la Chiesa ortodossa russa, il Patriarcato di Mosca) e un patriarca comune (il Patriarca di Mosca), che lavora in sintonia con un presidente-leader nazionale comune (Putin) per governare questo ‘mondo russo’, oltre a sostenere una spiritualità, una moralità e una cultura distintive comuni”.

Contro il “mondo russo” si erge, nella visione dei suoi promotori, “l’Occidente corrotto, guidato dagli Stati Uniti e dalle nazioni dell’Europa occidentale, che ha capitolato al liberalismo, alla globalizzazione, alla cristianofobia, ai diritti omosessuali promossi nelle sfilate gay e alla laicità militante”. Secondo questa ideologia il Patriarcato di Mosca e Putin sono “i veri difensori dell’insegnamento ortodosso, da essi visto in termini di moralità tradizionale, secondo una comprensione rigorista e inflessibile della tradizione e venerazione della Santa Russia”. Per i teologi “come la Russia ha invaso l’Ucraina, così anche il Patriarcato di Mosca del Patriarca Kirill ha invaso la Chiesa ortodossa, ad esempio in Africa, provocando divisioni e conflitti” e facendo “vittime non solo nel corpo, ma nell’anima, mettendo in pericolo la salvezza dei fedeli”.

Intanto, il Papa ha ricevuto l’invito ad andare a Kiev rivoltogli dal sindaco della capitale dell’Ucraina, Vitaliy Klitschko. Francesco, come ha precisato il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, “è vicino alle sofferenze della città, alla sua gente, a chi ne è dovuto fuggire e a chi è chiamato ad amministrarla. Prega il Signore che siano protetti dalla violenza. E per loro e per tutti ribadisce l’appello fatto con la preghiera dell’Angelus: ‘Davanti alla barbarie dell’uccisione di bambini, di innocenti e di civili inermi non ci sono ragioni strategiche che tengano: c’è solo da cessare l’inaccettabile aggressione armata, prima che riduca le città a cimiteri’”.

Il portavoce vaticano ha anche annunciato che “venerdì 25 marzo, durante la celebrazione della penitenza che presiederà alle ore 17 nella Basilica di San Pietro, Papa Francesco consacrerà all’immacolato cuore di Maria la Russia e l’Ucraina. Lo stesso atto, lo stesso giorno, sarà compiuto a Fatima dal cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere di Sua Santità, come inviato del Santo Padre”. Con questo segno, che si richiama alle prime due parti del segreto di Fatima, il Papa vuole dare un ulteriore messaggio eloquente per la pacificazione delle due nazioni in guerra. La scelta di consacrare all’immacolato cuore di Maria sia la Russia che l’Ucraina, infatti, ribadisce la volontà del Vaticano di restare equidistante dai due paesi facilitando così la mediazione per la fine del conflitto. Significativo è anche il giorno scelto da Francesco per questo gesto: il 25 marzo la Chiesa cattolica ricorda l’annunciazione del Signore alla Madonna nove mesi prima del Natale. La cornice perfetta per un segno esclusivamente di preghiera che non vuole avere alcuna lettura politica.

La guerra in Ucraina è stata inevitabilmente anche al centro del bilaterale tra la Santa Sede e l’Italia che si è tenuto nell’anniversario dei Patti Lateranensi alla presenza delle più alte cariche di entrambi gli Stati. Si è trattato del primo vertice dopo la rielezione al Quirinale del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e del battesimo del neo ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Francesco Di Nitto. Bruni ha spiegato che, durante l’incontro, “particolare attenzione è stata data alla situazione internazionale, con riferimento anzitutto alla guerra in Ucraina, fonte di estrema preoccupazione, e alla crisi in Libano. In tal senso si è sottolineata anche la necessità di uno sforzo condiviso per rendere più umane le condizioni di vita dei migranti, particolarmente di coloro che fuggono dalla guerra, anche tramite specifici interventi presso le nazioni di transito o che accolgono rifugiati. Tra i vari temi trattati, infine, ci si è soffermati sul prossimo Giubileo del 2025, con l’attivazione di percorsi e servizi in tutta Italia, in collaborazione con la Cei e il Vicariato di Roma, per quanti da pellegrini vorranno raggiungere le basiliche papali nella capitale”.

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