di Andrea Marchina

Oltre alle sirene, alle bombe e ai carri armati, a dominare questa guerra criminale è ancora una volta l’ipocrisia, nascosta nelle redazioni dei grandi giornali e nei salotti politici. È l’ipocrisia di chi preferisce giocare ai buoni e ai cattivi, fingendo di non capire che con i cattivi, vuoi o non vuoi, ci devi trattare. È l’ipocrisia dei “liberal-moderati” che, con hashtag e bandiere pacifiste, si schierano unanimi dalla parte del popolo ucraino e contro i cattivi, adoperandosi democraticamente a censurare ogni riflessione che denunci le ragioni scatenanti l’invasione (soprattutto se queste hanno qualcosa a che fare con gli amici buoni). Gli stessi che, col pugno alzato e comodamente sdraiati sul divano di casa loro, si trasformano improvvisamente in rivoluzionari da salotto mentre lodano la resistenza ucraina e il loro folle condottiero, inneggiano all’invio di missili e mitragliette varie e chiedono a gran voce la no-fly zone sull’Ucraina, ma cercando di scongiurare un conflitto mondiale. Cioè chiedono di entrare in guerra senza possibilmente entrare in guerra. È l’ipocrisia di chi riempirebbe di sanzioni la Russia, ma dicendo di non voler colpire i russi (come se la Russia fosse popolata da elfi o gnomi, non da russi) e cercando di preservare i propri affari, indebolendo così di molto l’effetto della stessa strategia sanzionatoria.

Purtroppo, fuori da questa incredibile farsa, c’è la cruda realtà. Putin, spinto da nostalgie anacronistiche e in chiaro delirio imperialista, ha invaso l’Ucraina con un pretesto: impedirgli una futura annessione all’Ue e ancor più alla Nato ed evitare di trovarsi le armi nucleari nemiche puntate alla tempia sulla soglia di casa. Infatti, una dichiarazione di neutralità da parte dell’Ucraina è anche la condizione principale messa in campo da Putin per arrivare alla sospensione del combattimento. Ora, a occhio e croce, ripetere all’infinito che un pretesto è un pretesto temo non potrà servire a rendere più mansueto l’autore di questa guerra, né tantomeno a far cessare i bombardamenti. Così come inviare armi, consapevoli dello schiacciante strapotere militare russo nei confronti del coraggioso esercito avversario, può contribuire soltanto ad allungare l’agonia e il massacro del popolo ucraino, riempire le tasche già piene dei produttori d’armi, aggravare la tensione diplomatica con l’Occidente e ridurre al minimo le possibilità di successo nei prossimi negoziati (nel fortuito caso in cui l’Ue si decidesse a giocare un ruolo di mediatore).

A rigor di logica, se davvero si sospetta di trovarsi di fronte a un pretesto, la prima cosa da fare è rimuoverlo dalla trattativa e smascherarlo, quel pretesto. Poi si prendono le dovute misure. Non facendolo, spinta al massacro non solo da un comprensibile orgoglio patriota ma anche dai miopi interessi degli “alleati” oltreoceano, l’Ucraina sta mandando in fumo la possibilità di ottenere una tregua e la sospensione dei combattimenti. Se davvero le immagini di guerra, gli sfollati, i civili massacrati e i reparti pediatrici bombardati ci suscitano tutto il dolore che spesso fingiamo di provare, lo stop all’invio di armamenti e la via diplomatica per una resa condizionata dell’Ucraina sono l’unica via. Il resto è propaganda.

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