Gli ucraini dicono 11mila, le cifre riferite da Mosca meno di 500. Ma anche stando a queste, “l’operazione militare speciale” di Putin si sta rivelando un inferno anche per lui. Solo nei primi sei giorni di operazioni – cioè tra il 24 febbraio e il primo marzo – il ministero della Difesa del Cremlino ha dichiarato la morte di 498 uomini, cifra che sembra modesta ma, a una lettura più attenta, non lo è affatto: l’esercito della Russia, nella sua storia recente, non ha mai avuto una media giornaliera di morti sul campo quella che ha oggi in Ucraina. Ne è convito David Rossi, esperto di analisi di strategie militari, responsabile area geopolitica di Difesaonline.it, che dal giorno dell’invasione raccoglie ed elabora confronti usando fonti sul campo, annuari bellici e calcolatrice.

“I soldati russi uccisi sono certamente molto più dei dichiarati, anche perché non contano la Wagner, le milizie cecene etc. Per me sono 10 volte di più, ma anche a prender per buoni quelli ufficiali in media fanno 83 morti al giorno, che è una vera enormità rispetto al passato”. Sempre su base giornaliera, calcola Rossi, erano 9 e 2 durante la prima e la seconda guerra russo-cecena fra il 1994 e il 2009, 4 fra al giorno tra le forze sovietiche in Afghanistan fra 1979 e 1989, meno di 2 fra Russi e forze locali in Donbass fra 2014 e 2022. “Se anche non vogliamo credere alle stime di Kiev, se l’intensità dei combattimenti restasse la stessa dei primissimi giorni come pare, le vittime russe in Ucraina supererebbero quelle della seconda guerra cecena a fine maggio, quelle dell’intera guerra afghana prima del prossimo Ferragosto”.

Perdite che il Cremlino tace per nascondere l’esito catastrofico cui sta andando incontro nel fango attorno a Kiev, Mariupol, Kerson e in tutte le città che dovevano cadere e invece resistono. “Non sempre riescono. Parliamo dei generali? Nella seconda guerra mondiale l’Unione Sovietica, non la Russia di oggi, ne ha persi 412 con una media di uno ogni tre giorni. Sul campo di questo conflitto sono stati uccisi il comandante generale della settima divisione Andrei Sukhovetsky, poi il primo vice comandante della 41esima Armata interforze russa Vitaly Gerasimov e si ha notizia di altri due. Ebbene, quattro generali significa una media di uno e mezzo al giorno, il doppio: vorrà pur dire qualcosa”.

Buone notizie sul fronte ucraino, ma non meno drammatiche. Mosca in ultimo ha ammesso di ricorrere a soldati di leva, come da giorni denunciano le stesse madri russe, spesso senza neppure sapere che venivano mandati al fronte. Poche o tante che siano, insomma, parliamo di ragazzi. “E’ un altro aspetto terribile di questa guerra”, concorda Rossi. Formalmente, la Russia non potrebbe impiegare personale con addestramento insufficiente. “Dopo aver fatto un anno di leva sono poco più che fucilieri cui non puoi mettere in mano mitragliatore e armi di precisione. I comandanti ucraini, che li aspettano al varco, ripetono ‘ci mandano carne fresca‘. Alla fine, la sconfitta dei russi, è tutta qui”.

Logico chiedersi perché mai lo abbiano fatto. E la ragione, a quanto pare, è cinica come la guerra. “Le operazioni in Afghanistan e Siria – spiega Rossi – venivano condotte da piccoli battaglioni scelti e questo non succedeva. L’Ucraina è diversa, una fat-lady dal territorio largo ed esteso. Ora, la Russia storicamente ha una capacità militare di difesa unica, ma la sua capacità di proiezione esterna è stata ridotta dalla riforma delle Forze Armate di Sergei Shoigu, che ha snellito i contingenti per dargli efficienza. Per operazioni come questa servono dunque ben altri numeri e così si sono reclutate le leve, ragazzi che dovrebbero stare in fureria”. L’esperto spiega che anche questo però non basterà a Putin. “Per prendere una città che resiste in modo organizzato ed equipaggiato serve un rapporto di soldati di 10 a 1”.

L’esempio calzante è Sarajevo. “L’assedio è durato tre anni ed è costato più di 10mila morti. Per prendere una città grande e armata come Kiev devi metterne in conto 100mila. Se poi, come sembra, i soldati e i civili che la difendono sono 50mila, allora hai bisogno di mezzo milione di uomini, ma in tutta l’Ucraina Putin ne ha dispiegati 190mila appena”. E infatti incursori e milizie russe stanno da giorni alle porte delle città. “Certo, Putin le fa bombardare dall’alto pensando di piegarle, ma più butta giù edifici e più diventa impossibile penetrare, tra le macerie ci si difende meglio. Invito a guardare il caso di Konotop, un villaggione nella parte nord orientale vicino al confine con la Russia. E’ grande come Sesto San Giovanni, ma da giorni le truppe occupanti e non riescono a entrare perché rischiano di perdere 5mila uomini in pochi giorni. Ma se hai paura di entrare lì, figurati a Kiev. Da analista non faccio profezie, ma dico che se gli ucraini resistono due-tre settimane, la Russia è sconfitta”.

Perché tanti soldati russi falcidiati? “Mi sembra evidente che Putin abbia sbagliato i suoi conti. Il piano Shoigu-Gerasimov era di una semplicità estrema. Tutto ruotava attorno all’aeroporto di Antonov. Le forze russe si sono concentrate su quello, hanno iniziato a pompare mezzi e uomini verso Kiev pensando che il governo sarebbe scappato, gli oblast li avrebbero seguiti. A tutti i lati sarebbero spuntate le truppe per un conflitto che poteva durare 15 giorni ma si sarebbe risolto nei fatti in quattro”. E invece? “Hanno mandato un contingente di 34 elicotteri e ciascuno portava almeno 20 soldati dei migliori, gli Spetsnaz. Ma Kiev a quel punto ha mobilitato il 24esimo battaglione di reazione rapida che ha chiesto di lanciare missili, così in due giorni di lanci e battaglia a terra più di mille uomini sono rimasti lì. E gli altri non sono andati lontano, ma si rimpallano attorno alle città che resistono. Come la pallina di un flipper”.

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