L’assalto alla diligenza degli investimenti facili consentito dal Pnrr ci offre una nuova “perla” di come si intende gestire la spesa pubblica anche al nord Italia. Le recenti audizioni alla commissione Trasporti della Camera, dell’Amministratore delegato di Rfi, Vera Fiorani, e della Commissaria per il raddoppio della linea ferroviaria Mantova-Cremona-Codogno, Chiara De Gregorio, non chiariscono quali sono gli obiettivi che si vogliono raggiungere portando la capacità della linea a 220 treni al giorno. Specialmente considerando che la regione Lombardia – e, quel che è peggio, anche gli enti locali – vorrebbero l’avvio contemporaneo dei lavori con l’autostrada Cremona-Mantova.

L’autostrada aggiungerebbe una capacità di 60mila vicoli al giorno ai 30mila della SS 10 sulla stessa tratta. Totale: oltre 90mila veicoli. Nella sua tratta più frequentata, la SS 10 raggiunge a malapena i 24 mila veicoli (per il 20% camion), mentre la linea ferroviaria Cremona-Mantova è percorsa da 54 treni al giorno (28 passeggeri e 26 merci) su una capacità di oltre 90 convogli al giorno. In pratica, le due attuali infrastrutture (ferrovia e SS10) sono ben lontane dalla saturazione. Occorrerebbe quindi stimare se, velocizzando e potenziando gli attuali percorsi la domanda di traffico aumenterebbe e quali quote di traffico si sposterebbero dalla strada all’autostrada e quanti lascerebbero a casa l’automobile per prendere il treno.

E’ lecito chiedersi se i proponenti delle due opere la Regione Lombardia e RFI sono sicuri che ci sia la domanda di traffico tale che giustifichi entrambe le opere. E se non vi sono alternative meno costose, meno impattanti per l’ambiente e più funzionali per migliorare i collegamenti tra le due province. È proprio indispensabile che la commissione approvi un documento di indirizzo che ponga, come condizione prioritaria, il finanziamento di tutte le opere commissariate, tra le quali il raddoppio ferroviario della Cremona-Mantova senza elementi di valutazione?

E’ vero che la linea presenta numerose problematicità, con sezioni di blocco lunghe, tanti passaggi a livello e dei limiti di velocità (50 km/h) ai treni merci che la percorrono, ma è anche vero che la distanza di blocco si può accorciare, che per i passaggi a livello c’è una legge nazionale inattuata che prevede la soppressione degli stessi e che un potenziamento dell’armamento porterebbe la velocità dei treni merci a 80 km/h. Vero anche che se restano i vecchi treni (una delle maggiori criticità della Mantova Cremona Milano) a poco servirebbe il raddoppio. I ritardi dovuti a motivi legati all’infrastruttura, cioè risolubili con alcuni interventi sulla linea, sono minoritari rispetto ad altri fenomeni come il materiale rotabile obsoleto, gli scioperi e l’inefficienza gestionale di Trenord.

Per quanto riguarda il primo tratto della Cremona-Mantova, entro il 17 marzo dovrà essere predisposta la Valutazione di Impatto Ambientale per concludere la Conferenza dei servizi, per consentire l’avvio dei lavori nel 2023 in modo tale che siano ultimati nell’estate del 2026. In futuro dunque ci saranno 150 ettari di suolo da consumare per il raddoppio ferroviario e 1.500 ettari per la nuova autostrada che, come la Brebemi non si ripagherà i costi di costruzione con i pedaggi essendo destinata ad essere un’autostrada a bassissimo traffico.

In quale Paese si approvano contemporaneamente due infrastrutture parallele che genereranno un aumento di capacità tale da non essere sfruttate neppure un terzo e si impegnano 0,9 mld, al netto degli interessi, per un’autostrada e oltre 1,3 mld per un raddoppio ferroviario quando gli stessi obiettivi sarebbero raggiungibili con il potenziamento delle attuali infrastrutture?

IL DISOBBEDIENTE

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