Una standing ovation accoglie Volodymyr Zelensky, il primo presidente straniero nella storia del parlamento di Westminster ad apparire in videocollegamento su uno schermo nella Camera dei Comuni. È il giorno 13 di questa guerra che “non abbiamo cominciato noi ma che non vogliamo perdere” ha detto con fierezza il presidente ucraino prima di cominciare un resoconto cadenzato, giorno per giorno, delle fasi drammatiche che si sono susseguite da quando Putin ha invaso l’Ucraina. Dal giorno 5 in cui il terrore ha cominciato a scendere dal cielo su bambini, città ed ospedali, il giorno 6 quando i razzi russi hanno cominciato a colpire anche le chiese e poi l’obiettivo centrale atomica al giorno 8 e la delusione al giorno 9 quando il vertice della Nato non ha dato i risultati in cui il suo popolo sperava. “Sfortunatamente abbiamo sentito che l’alleanza non sempre funziona bene e il no-fly zone non poteva essere imposto” ha detto Zelensky prima di arrivare ad oggi, quando sul campo restano 50 bambini tra cui la piccola di sei anni, morta disidratata sotto le macerie di Mariupol.

“Per 13 giorni la domanda per noi è stata: essere o non essere? ma adesso vi dico che la risposta definitiva è : essere” ha detto Zelensky che prima ha citato Shakespeare e poi si è rivolto a parlamentari britannici e al primo ministro Boris Johnson facendo risuonare nuovamente nell’aula dei Comuni le parole dello stesso Winston Churchill: continueremo a lottare a qualsiasi costo, nelle foreste, sui campi, in mare e sulle strade”. Ed è così che dopo aver addolcito le orecchie di Johnson usando le frasi del suo eroe, Zelensky ha incalzato con l’appello che mette i brividi al primo ministro britannico così come al resto dei leader mondiali: “Per favore incrementate la pressione sulle sanzioni alla Russia – ha detto Zelensky nell’aula dove solo ieri i parlamentari britannici hanno cercato di rimediare all’imbarazzo del governo britannico, accelerando fino a tarda notte il percorso della legge per sanzionare gli oligarchi russi di Londongrad – riconoscetela come uno Stato terrorista, proteggete i cieli della nostra Ucraina, fate tutto quello che deve essere fatto”.

Il primo ministro britannico ha stanziato 400 milioni di sterline per l’Ucraina e sta cercando di uscire dal pasticcio dei rifugiati (solo 300 quelli che per ora sono arrivati in Regno Unito) ma è rimasto sordo di fronte alla richiesta più pressante di Zelensky, di chiudere i cieli del suo Paese, rilanciando invece sui sostegni diplomatici, umanitari ed economici che la Gran Bretagna continuerà a fornire “fino a che Putin avrà fallito nella sua missione disastrosa”. “Il coraggio e la devozione del popolo ucraino stanno ispirando milioni di persone – ha rimarcato Johnson – britannici e alleati sono determinati a premere con la fornitura di armi con cui gli ucraini possano difendere la propria terra, stiamo dando un giro di vite sulle misure attorno a Putin e smetteremo di importare petrolio russo”.

L’annuncio ufficiale arriverà domani per voce del ministro delle Finanze Rishi Sunak, ma sulla scia del presidente statunitense Joe Biden, anche il Regno Unito si allinea sulla strategia del taglio alle importazioni di petrolio dalla Russia che verranno tagliate progressivamente da qui alla fine del 2022. Per Johnson la mossa non è faticosa quanto trovare una soluzione alla questione dei rifugiati ucraini ai quali continua ad essere rifiutato il visto di ingresso in Inghilterra e restano bloccati a Calais. L’Isola dovrà trovare fonti alternative per solo per un 8 per cento di petrolio che arriva dalla Russia mentre più problematico sarà il 18 per cento di diesel russo che attualmente rifornisce il Regno Unito.

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