Non luogo a procedere perché il fatto non sussiste. Così il giudice per l’udienza preliminare di Trento in relazione all’inchiesta della procura sul gruppo vitivinicolo Mezzacorona che era stato indagato per riciclaggio per aver acquistato, dal 2000 al 2003, aziende siciliane in odore di mafia. Secondo gli inquirenti, infatti, i vertici dell’azienda avrebbero agevolato gli interessi di Cosa nostra acquisendo 900 ettari ad Agrigento e Ragusa che altrimenti sarebbero stati oggetto di misure cautelari nell’ambito di un’inchiesta della procura nazionale antimafia. Ipotesi che il gip non ha convalidato.

Due anni fa la Guardia di finanza di Trento aveva sequestrato vigneti e fabbricati del valore di oltre 70 milioni di euro, della cantina siciliana Feudo Arancio, appartenente ad uno dei più grandi gruppi vitivinicoli in Italia. Il sequestro preventivo era stato emesso dal gip. Secondo gli inquirenti – grazie ricostruzioni societarie, esami documentali, accertamenti bancari, acquisizioni informative e testimoniali anche da numerosi collaboratori di giustizia – tra il 2000 e il 2005 era stata effettuata un’operazione commerciale, attraverso la quale erano state acquisite da parte del gruppo vitivinicolo trentino Mezzacorona le due tenute siciliane dalla precedente proprietà mafiosa per ottenere i terreni e gli edifici pertinenziali precedentemente individuati come funzionali ai progetti di sviluppo del gruppo. I beni, a quanto risulta dalle indagini, erano inizialmente di proprietà dei cugini Ignazio e Nino Salvo, uomini d’onore e re delle esattorie private in Sicilia, vicini alla Dc e alla corrente di Giulio Andreotti. Oggi la decisione per il non luogo a procedere. Lo scorso ottobre la procura aveva chiesto il rinvio a giudizio.Il gruppo Mezzacorona prende atto con piena soddisfazione della decisione del giudice, convinto, come è sempre stato, della assoluta trasparenza, della correttezza nonché regolarità del proprio operato”, recita una nota dell’azienda.

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