di Luigi Sala

L’invasione russa dell’Ucraina oltre che l’attenzione del mondo intero ha calamitato dissertazioni e commenti (chiedo venia anche per il mio, quindi) i quali, grosso modo, si dividono in due: da una parte i filorussi ad oltranza (con contorno di antiamericanismo) e dall’altra i filoatlantici convinti (linea ufficiale del nostro governo). Quello che fa riflettere – se già non disgusta – è il fatto che sono pochissimi quelli che, al di là del proprio tifo (perché di tifo si tratta, all’italica maniera, con le dovute pezze ideologiche), dedicano un pensiero a quegli uomini e donne che vivono con la paura, l’incertezza e che provano dolore, rabbia, angoscia.

Il loro mondo è frantumato, scomparsa ogni scommessa sul futuro, cercano di scappare o si rintanano cercando di assicurarsi un minimo di sopravvivenza: ci riusciranno? Quanti bambini non sapranno più cos’è una scuola? Quante persone non potranno più curarsi? Quanti proveranno cos’è la vera fame? Oggi come oggi non ci sono risposte, forse le varie intelligence hanno idea di cosa voglia Putin e se si accontenterà di schiacciare l’Ucraina o il ricordo di cos’era l’Urss non gli lascerà pace fino a che non avrà provato a ricostruire l’impero; la Cina, probabilmente al corrente delle intenzioni russe, coglierà l’occasione per riprendersi Taiwan?

Di certo l’Occidente è debole e ha fatto molti errori: di fatto Putin chiede impunità, alzando continuamente la posta (vedi la messa in allerta delle forze nucleari) e chi andrà a scoprire se è un bluff? Un’Europa confusa, impreparata e divisa, abituata all’ombrello (e anche al frustino) americano, non sa bene che fare, fa finta di sembrare arrabbiata ma la sua posizione è simile a quella imbarazzante del capo dei servizi segreti russi bullizzato da un Putin marmoreo e sprezzante. Per me ha ragione chi dice che, ora come ora, l’unico modo di fermare Putin sarebbe la terza guerra mondiale, che giustamente fa orrore a tutti.

La Russia, comunque la si giri, ha invaso un paese sovrano, valutando come poco influenti le morti che avrebbe causato, però morti sono, sia militari che civili e la fine di una vita, che tanto angoscia la nostra psicologia e permea le esistenze di tutti, dovrebbe muovere emozioni comuni e indurre a respingere chi la causa, ovunque esso sia: la vita infatti non accetta di finire. Mi pare invece di riscontrare molta indifferenza e persino rabbia in chi detesta che venga toccato il proprio orticello: forse una caratteristica di quest’epoca è la scomparsa dell’empatia, a volte declassata a retorica o arma impropria del potere.

Il benessere personale (che non si accontenta più di poco) prevale su valori che lentamente stanno diventando obsoleti e non più utilizzabili. Ritengo, per tornare sul contingente, che il mondo stia svoltando e la guerra in Ucraina lo modificherà profondamente e irreversibilmente; sul futuro (se non si arriverà a una guerra mondiale) si possono fare molte ipotesi, ma anche se sotto traccia emozioni come empatia, commozione e pietà sopravvivranno e torneranno di moda in un mondo che sarà più povero, più insicuro e più ingiusto di quanto non sia già adesso.

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