Da resistenza passiva a resistenza attiva. La società civile ucraina si organizza per un’autodifesa territoriale che potrebbe durare a lungo. Da una parte c’è l’esercito, che finora sta svolgendo egregiamente il proprio lavoro, nonostante la differenza di forze in campo. Dall’altra c’è un movimento popolare che assomiglia sempre più a una guerra partigiana, che nei prossimi giorni, settimane e forse mesi potrebbe combattersi quartiere per quartiere, casa per casa. C’è chi, legittimamente e comprensibilmente se n’è andato nelle regioni occidentali oppure all’estero; e chi, invece, non vuole lasciare la propria terra in mano a Putin. “Stiamo organizzando dei comitati locali per essere pronti ad affrontare lo scontro con i russi. In tutti i modi cerchiamo di aiutare il nostro esercito ma come cittadini vogliamo anche essere autonomi ed imparare a difenderci da soli”. A parlare così non è qualche riservista o volontario che magari ha già combattuto in passato ma Tanya, viso dolce, occhi chiari, quarant’anni scarsi ma ne dimostra molti meno. Fino a qualche settimana fa si occupava di conti e bilanci, oggi prepara molotov. “Nell’edificio in cui vivo e nelle aree circostanti abbiamo allestito dei gruppi operativi. Ci sono pattuglie di uomini che sorvegliano le case, controllano se ci sono segni identificativi sugli edifici o se in giro circolano persone sospette”.

Infiltrati e sabotatori, nelle strade della Capitale, potrebbero essere dappertutto. A pochi metri da Maidan, la piazza principale, una camionetta con presunti soldati ucraini è stata fermata ieri dall’esercito. In realtà erano russi travestiti con le uniformi di Kiev. Hanno fatto una brutta fine: ancora stamattina erano evidenti le chiazze di sangue sull’asfalto. L’opera di Tanya e dei suoi vicini di casa è instancabile: “Qui ormai si dorme poco. Ieri sera e fino a tardi abbiamo preparato bombe molotov artigianali. Ho partecipato anch’io, ho portato acetone e stoffa. Altri sono arrivati con la benzina. Se ci sarà da reagire lo faremo. Siamo ucraini e difenderemo la nostra nazione. Non appena cesserà il coprifuoco andrò a donare il sangue e mi offrirò volontaria per preparare il cibo nei centri di assistenza medica urgente”.

Di donne che difenderanno l’Ucraina fino all’ultimo ce ne sono parecchie. Helen è fra loro. Vive fuori dal centro, nella provincia, e anche là, nel suo quartiere periferico, la lotta armata è in qualche modo già cominciata. “Sono patriota e non ho altra scelta che difendere il mio Paese. Di notte abbiamo già cominciato i pattugliamenti. Abbiamo allestito piccoli gruppi, ci alterniamo zone ed orari. Siamo compatti, non molleremo. La difesa civile è fondamentale, dobbiamo farci trovare preparati”. Oleksandr invece ha già accumulato esperienza in Donbass. “Sono stato volontario nella regione sudorientale e ho combattuto i separatisti. Adesso sono tornato a Kiev e fornirò tutto il mio background al mio quartiere e ai miei vicini di casa. Saremo uniti, il nostro spirito è forte e la reazione sarà proporzionale all’offesa che abbiamo subito”. La difesa territoriale è già iniziata e ieri, poco prima del coprifuoco in vigore fino a lunedì mattina, si sono viste diverse persone imbracciare il fucile lungo la via principale, Khreschatyk, e girare per la città armate di tutto punto. Fino a una settimana fa era la strada lussuosa dello shopping, dei ristoranti e dei locali notturni. Presto invece potrebbe diventare una trincea. Se sarà guerra casa per casa gli ucraini saranno pronti. Uomini naturalmente, ma anche tante donne.

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