di Maurizio Donini

Il Covid ha assorbito tutte le risorse nel biennio passato? Mica tanto, nel 2020, la spesa globale militare è salita a $ 1.981 mld, un aumento del 2,6% rispetto al 2019 e del 9,3% rispetto al 2011. Guida la classifica gli Usa con 778 miliardi di dollari (+4,4% rispetto al 2019, -10% rispetto al 2011), Cina con 252 miliardi di dollari (+1,9% rispetto al 2019 e +76% rispetto al 2011), India e Russia con una spesa rispettivamente di 72,9 e 61,7 miliardi. Il primo esportatore è, di gran lunga, gli Stati Uniti, e da quando George W. Bush dette il via alle operazioni militari contro il terrorismo, investire nei primi contractor del Pentagono avrebbe reso 10 volte l’investimento iniziale, azioni per $ 10.000 sarebbero diventate quasi $ 100.000 nel giro di 20 anni. Se poi i tank siano serviti a combattere la pandemia non è chiaro, forse a controllare i cittadini che uscivano di nascosto durante il lockdown?

Purtroppo, nelle guerre ci rimettono sempre i civili, quelli che non c’entrano, quello che sta succedendo adesso in Ucraina è il risultato di una combinazione di effetti di cui si parla da mesi nei briefing tecnici: la prima è la spesa per le armi degli Stati Uniti che è arrivata a oltre 750 miliardi, pari a tutto quello che spende il resto del mondo in armi. Se assorbi la gran parte del bilancio federale devi giustificarlo, non hai più l’Iraq, non hai più l’Afghanistan. Il secondo fattore è Biden, che finora, purtroppo, non ne ha azzeccata una, a parte liberare il mondo da Trump, la sua popolarità è scesa sotto il minimo storico di sempre toccato da Carter…

Il risultato è la crisi dei missili a Cuba a parti rovesciate, stavolta sarebbero stati i cruise americani a trovarsi a un centimetro dalla Russia annullando l’effetto deterrenza: Putin non è certo un candidato al Nobel per la pace, ma nemmeno è uno stupido. Nel 1962 fu l’istituzione del famoso telefono rosso Washington-Mosca e la linea diretta Kennedy-Kruscev a evitare il conflitto, a quanto pare la telefonia Biden-Putin non ha avuto lo stesso successo.

Tanti leader avevano dichiarato che la finlandizzazione, la neutralità, era l’unico modo per evitare uno scontro, ma la geopolitica americana voleva tutti dentro la Nato, anche se questo non è condiviso dagli alleati, pur in maniera “ufficiosa”. Come se non conoscessero la nuova dottrina russa largamente diffusa a tutti e quindi ben conosciuta fin dal 26 febbraio 2013, quando la rivista militare VPK pubblicò l’intervento “Il valore della scienza sta nella lungimiranza. Nuove sfide richiedono un ripensamento delle forme e dei metodi delle operazioni di combattimento”, esposto dal Capo di Stato Maggiore generale Valerij Vasil’evič Gerasimov durante una conferenza dell’Accademia di Scienza Militare di Mosca.

La nuova dottrina si basava sulla necessità, per le forze armate russe, di adattare i propri mezzi e metodi di combattimento alle nuove sfide del XXI secolo. La strategia messa a punto si basava sulle primavere arabe, sovversione interna e destabilizzazione, capaci di “trasformare nel giro di pochi mesi stati perfettamente funzionanti in arene di feroce conflitto armato, oggetto di intervento straniero, e devastati dalla guerra civile e dalla catastrofe umanitaria”. Di lì a poco, la dottrina Gerasimov fu realizzata con l’annessione della Crimea e la secessione seminata nel Donbass; ma forse gli stati maggiori di Stati Uniti e alleati europei erano troppo distratti? In fondo proprio Trump aveva dichiarato morta la Nato.

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