“Il giorno della vergogna di oggi lo paragonerei allo stesso conflitto di attribuzione che fu sollevato nel 2011 col caso Ruby. Oggi siamo al bis della ‘nipote di Mubarak’. Insomma, è stato proprio il giorno della vendetta contro la magistratura da parte di una casta che non vuole farsi processare. Hanno coperto di ridicolo e di vergogna il Senato della Repubblica”. Così, a “Otto e mezzo” (La7), il direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, commenta il voto con cui il Senato ha approvato il conflitto di attribuzione contro i pm di Firenze sul caso Open, che vede il leader di Italia Viva Matteo Renzi indagato per finanziamento illecito.

Travaglio paragona la giornata di oggi a quella in cui nel 2011 Camera e Senato sollevarono alla Consulta il conflitto di attribuzione nei confronti della procura di Milano sul caso della telefonata dell’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi alla questura per far rilasciare Karima El Mahroug, in arte Ruby, la marocchina minorenne definita dall’ex Cavaliere “nipote di Mubarak”.

Il direttore del Fatto spiega: “Tutto il fronte politico, dal Pd all’intero centrodestra fino a Italia Viva, tranne il M5s e LeU, ha votato per trascinare la procura di Firenze davanti alla Corte Costituzionale perché i pm si sono permessi di sequestrare il telefonino di un signore che non è mai stato eletto in Parlamento (l’imprenditore Vincenzo Manes, ndr) e che si scambiava dei messaggi di Whatsapp con Renzi. I magistrati hanno seguito la legge, la Costituzione e tutte le sentenze della Cassazione in materia- continua – che stabiliscono la differenza tra i messaggi di Whatsapp, che sono documenti sequestrabili, e la corrispondenza, cioè un’attività dinamica che a sua volta richiede intercettazioni. Quindi, il sequestro dei documenti è una cosa completamente diversa, come ha spiegato in Aula Piero Grasso, già procuratore a Palermo e poi procuratore nazionale antimafia, che il Pd portò in Parlamento e che poi mise in fuga ai tempi di Renzi”.

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