Renato De Andreis, un socio del Circolo San Pietro sempre in prima linea nel volontariato, amava ripetere spesso che “nessuno è maestro sulla strada”. Il Covid, purtroppo, lo ha portato via, ma la sua testimonianza, fatta di gesti più che di parole, è rimasta indelebile sia tra i soci del sodalizio che dal 1869 è il braccio operativo della carità del Papa nella sua diocesi di Roma, sia tra i membri dell’Ordine di Malta all’interno del quale era ugualmente molto attivo nelle opere di prossimità agli ultimi.

Sulla stessa scia si pone Angelo Romeo, sociologo e professore universitario, che da alcuni anni ha fondato Missione solidarietà, un’associazione che si occupa di chi a Roma vive ai margi­ni. Nel suo libro intitolato Mani tese (Tau), l’autore dà voce ai tanti invisibili incontrati lungo le strade della Capitale. Alcuni di essi sono stati recentemente ricevuti da Papa Francesco che ha voluto rispondere alle loro domande e ridare così a queste persone la dignità di cui spesso vengono privati dalla società.

“Ho sempre pensato – scrive Romeo – che occuparsi dei poveri, di quelle persone che appaiono invisibili agli occhi della società, sia un dovere per tutti. Si può fare tanto anche con piccoli gesti, non necessariamente su grandi numeri. Occuparsi anche solo di un piccolo numero di uomini e donne che vivono in difficoltà è un grande gesto di solidarietà. Negli anni passati, ho iniziato a guardare la povertà con occhi diversi e mi sono reso conto quanto bene mi abbia fatto ogni singolo incontro con i tanti amici e amiche della strada. Loro, che la sera quando ritornavo a casa rimanevano (molti ancora ci rimangono) al freddo e alla pioggia, sotto i ponti e nelle stazioni, si preoccupavano se prendevo la pioggia, se non mi vedevano per qualche giorno. Piccole accortezze che mi facevano riflettere perché partivano da persone a me sconosciute, con passati burrascosi che farebbero paura a chiunque ne ascoltasse la storia. Eppure proprio queste loro attenzioni, questa forte carica emozionale che mi avvolgeva tutte le volte che andavo (e vado) in strada, mi ha spinto a dare stabilità e un’impronta personale a queste esperienze vissute in ambienti come le comunità delle Missionarie della carità”.

Con il trascorrere del tempo, lo sguardo di Romeo verso gli invisibili è completamente cambiato: “Ripensando al modo in cui osservavo i poveri negli anni in cui ero studente universitario, mai avrei immaginato che avrebbero avuto un posto così importante nella mia vita. Spesso quando mi trovo in giro per Roma, mi viene ormai naturale osservare con un occhio più attento rispetto a quindici anni fa chi vive per strada, chi mi tende la mano con uno sguardo triste e l’occhio smarrito in attesa di un saluto. Ogni viaggio che ho fatto nella mia vita, ogni esperienza lavorativa in Italia e all’estero, mi hanno portato in più occasioni davanti a persone che presentavano una difficoltà, una lacrima, una insicurezza nel chiedere aiuto. Giovani e adulti, uomini e donne di qualsiasi nazionalità e credo che in silenzio mi guardavano”.

L’autore non risparmia una confidenza importante: “Davanti a queste richieste a volte silenziose, fatte solo di sguardi, non sono riuscito a voltarmi dall’altro lato. Avere a che fare con i poveri non è un hobby, non è un diversivo quando non si sa cosa fare della propria vita. Sono vite spesso spezzate, lacerate da ferite che non potremo mai sanare. Così da qualche anno ho deciso di dare maggiore continuità nel mio rapporto con loro avviando Missione solidarietà, una realtà che vuole stare accanto a tutte quelle persone che pensano di aver perso tutto dalla vita. Semplicità, gesti di condivisione sono le regole di base di quest’associazione che ha come logo il Cireneo, una figura che ho sempre amato perché in fondo Simone di Cirene era un uomo qualsiasi, un passante che si è trovato ad aiutare Gesù lungo la via dolorosa. Mi è sempre piaciuta l’idea di pensare che il volontario, la persona che si trova a incontrare i poveri, sia come il Cireneo. Capace di stare anche in silenzio, sorreggendo la croce, la tristezza, la sofferenza di tante donne e uomini lungo la strada del calvario. Se solo riflettiamo a quanto dolore si incontra sulle strade, possiamo davvero sperimentare quanto necessario sia essere cirenei nelle nostre moderne città. Incontriamo donne disperate, tossicodipendenti, donne che sono sfruttate nel loro corpo. Il più delle volte hanno perso la forza di reagire, hanno paura quando gli si dice ‘ti voglio bene’. È questo ti voglio bene la chiave di tutto”.

Alle parole del sociologo, seguono quelle ugualmente preziose di Salvatore Snaiderbaur, fondatore di One city mission, un’associazione no profit che assiste i mendicanti e i senzatetto di New York: “L’ascolto nel silenzio diventa relazione piena di rispetto e affermazione della dignità dell’altro. La tentazione più grossa per chi fa il volontario o è impegnato nel sociale è quella di cercare di dare suggerimenti per risolvere il problema, o di fare tutto il possibile per cambiare l’altro. La conversazione può diventare invadenza e causa di sofferenza. Anziché portare compagnia, amicizia e persino un po’ di umorismo e leggerezza, senza rendercene conto ci mettiamo in una posizione di superiorità e magari riapriamo vecchie ferite. L’altro saprà alzarsi da terra quando ne troverà il coraggio e i compagni di strada ai quali si sentirà libero di chiedere aiuto”.

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